La guerra del Petrolio, l'equilibrio rotto tra i Paesi, gli effetti sul nostro portafoglio






     (di Corrado Chiominto)

      Tredici superpetroliere iraniane, cariche di greggio sono pronte a salpare, appena la fine dell'embargo sarà operativa, mentre le pompe sono tornate ad estrarre l'oro nero a tutto ritmo. Dall’altra parte dell’oceano, invece, gli Usa hanno tolto il divieto all’esportazione di greggio e il primo cargo partirà alla volta della Cina. Il petrolio, dice Goldman Sachs, potrebbe scendere ancora. Fino a 20 dollari al barile.
   Il prezzo del greggio che venerdì viaggiava attorno ai 29-30 dollari, un livello impensabile fino a qualche anno fa, potrebbe scendere ancora. Il calo ridisegnerà la mappa del potere economico mondiale, con i paesi produttori – Russia e Venezuela in testa – che temono per i loro conti.
      L’assetto geoeconomico mondiale, dopo il mancato accordo Opec sulla produzione che ha spinto al ribasso il prezzo del petrolio, non sembra infatti ancora aver trovato un equilibrio. La fine dell'embargo dell'Iran poterà sicuramente altre fibrillazioni. Ma i principali produttori potrebbero tornare ad incontrarsi a margine del World Economic Forum di Davos e sorprese a breve non sono escluse.
     Ecco allora una mini guida per comprendere l’impatto che la guerra del greggio potrebbe avere non solo nel confronto economico internazionale, ma anche – più modestamente – nelle nostre tasche.
      L'ULTIMA SCINTILLA, L'OPEC:  A giugno 2014 il il barile viene scambiato a 107,7 dollari. Nel novembre 2014 l’Arabia Saudita convince l’Opec a non tagliare la produzione per indebolire gli altri produttori esterni al ‘cartello’, gli Usa in testa. Le ulteriori riunioni non cambiano la situazione e nell’ultima, 4 dicembre 2015, quando il petrolio viaggia sui 40 dollari, l’Opec non rimette mano alle quote produttive, dando un ulteriore spinta al ribasso.
      NUOVA SCINTILLA, L'IRAN. SUBITO 500 MILA BARILI AL GIORNO IN PIU': I mercati guardano al futuro e già davano per scontato il ritorno dell'Iran sul mercato del petrolio. Ma il Paese, che è il terzo produttore mondiale, rulla sui tamburi di un rientro alla grande. Il Ministero del petrolio - ha scritto l'agenzia ufficiale iraniana Irna - ordinando alle società di aumentare la produzione ed ai terminali i prepararsi alle spedizioni, ha dato il via al piano per aumentare l'export di greggio dell'Iran di 500.000 barili al giorno, senza attendere nemmeno 24 ore dall'accordo di Vienna. Per comprendere meglio bisogna sapere che con l'embargo il Paese era riuscito a smerciale solo 700.000 barili al giorno e che le indiscrezioni parlavano di un incremento di 300-500 mila barili. Il Paese si è subito piazzato sulla parte alta della forchetta e potrebbe aumentare la produzione di ulteriori 500 mila barili tra sei mesi.
      NEGLI USA PESA LO SHALE GAS:  Per gli Stati Uniti il prezzo del petrolio così basso mette in crisi l’industria estrattiva che ha investito massicciamente sullo shale oil, utilizzando cioè tecniche di produzione molto costose per riuscire ad estrarre greggio dove queste è presente in quantità limitata attraverso una procedura di frantumazione delle rocce. Secondo un reporto del Wolf Research citato dal Wall Street Journal un terzo dei produttori di petrolio Usa sono a rischio bancarotta con un livello così basso. Con un barile a 50 dollari ci sarebbe invece la sopravvivenza.
    Due settimane fa, inoltre, una decisione storica ha tolto il divieto di vendita di petrolio fuori dagli Usa per i produttori a stelle e strisce. Il primo carico è diretto in Cina. Chiaro che questo cambia la mappa degli equilibri petroliferi.
    LA RUSSIA TEME PER ECONOMIA E CONTI PUBBLICI:  "E' necessario prepararsi al peggio se i prezzi del petrolio dovessero scendere ancora". Lo ha detto il primo ministro russo Dmitri Medvedev tre giorni fa. L’andamento ‘’drammatico’’ delle quotazioni del barile – ha aggiunto – creano ‘’seri rischi’’ per l’efficienza dei conti pubblici russi. Il ministro delle Finanze Antoni Siluanov ha spiegato che il bilancio pubblico della Russia è "sostenibile con i prezzi del petrolio a 82 dollari al barile". Ma a rischio non solo solo i conti pubblici ma l’intera economia russa. Ma non se la passano meglio gli altri produttori, il Venezuela ad esempio.
    IN EUROPA, L’EXPORT RISCHIA UNA FRENATA: Il rallentamento dell’economia cinese, sommato alle difficoltà che il petrolio provocherà sui paesi produttori, avrà un contraccolpo sulle esportazioni dei Paesi europei, nei quali la ripresa non ha ancora preso velocità. Secondo uno studio di Intesa Sanpaolo quota 30 dollari costringerebbe i paesi produttori a prevedere misure correttive in termini di bilancio pubblico, questo rischia di provocare una crisi depressiva della domanda. Se si tiene conto che dal 1999 al 2014 l'export dell'Italia verso i paesi petroliferi è salito dal 6,6% al 10,6%, le stime più miti danno per l'export italiano un calo nel 2016 di circa 3,6 miliardi di dollari, mentre le stime più severe parlano di un calo di 10 miliardi di euro. Già perché il Belpaese è un buon esportatore, tanto per fare un esempio, sia in Russia sia in Arabia Saudita.
    L’EUROPA E LA SPIRALE DEI PREZZI:  In Europa che poi un secondo aspetto, quello dei prezzi. Chiaro che il calo del prezzo del petrolio è in controtendenza con gli obiettivo di Mario Draghi che con il Quantitative Easing punta a dare una spinta all’ inflazione: il target è quello di un aumento dei prezzi attorno al 2% per allontanare decisamente lo spettro della deflazione e il rischio di un nuovo avvitamento dell’economia. Ad esempio, in Italia il prezzo del greggio in picchiata ha trascinato giù, nel 2015, il tasso annuo d'inflazione allo 0,1%, vale a dire il livello più basso da 56 anni. E se i prezzi non si ‘riaccendono’’ un poco i rischi per l’economia crescono: i consumatori potrebbero attendere ulteriori cali prima di tornare ad acquistare, provocando un vero e proprio  avvitamento economico.
     EFFETTI SUL PORTAFOGLIO, BENZINA E LUCE MENO CARA- Da luglio del 2014, quando il greggio si spinse ai massimi dell'anno intorno a 105 dollari al barile, il prezzo della benzina, secondo quanto emerge dalle tabelle del ministero dello Sviluppo economico, e' passato da circa 1,76 euro al litro agli 1,43 attuali. Si tratta di una flessione del 19%, che impallidisce (anche considerando la variabile cambio euro/dollaro) di fronte al crollo del 65% registrato dal greggio.
Le associazioni dei consumatori Federconsumatori e Adusbef hanno calcolato che la Benzina alla pompa viene venduta a 6 centesimi oltre il livello a cui si dovrebbe attestare. Per l’Unione Petrolifera, invece, il calo del petrolio è stato completamente assorbito dal prelievo del fisco: il prezzo dei carburanti è scelso di 2,5-3,5 centesimi litro nell’ultima settimana ma in Italia il prelievo fiscale pesa 35 centesimo più che altrove.
    A risentire positivamente del calo del greggio è anche la bolletta della luce. L'ultimo aggiornamento dell'Autorità per l'energia, scattato il primo gennaio scorso, vede un calo dell'1,2% per l'elettricità e del 3,3% per il metano. In entrambi i casi il vantaggio deriva ovviamente dal forte calo dei costi relativi all'approvvigionamento della 'materia energia'. Per una famiglia tipo il risparmio complessivo nei 12 mesi e' di quasi 60 euro.
    EFFETTI SU IMPRESE E CONSUMI: Le imprese manifatturiere sono generalmente favorite dal calo del prezzo del petrolio per due ragioni: da una parte spendono meno di ‘’bolletta’’ per produrre beni, dall’altra beneficiano di un aumento dei consumi. Sul primo fronte un ‘’termometro’’ del risparmio rappresentato dalla ‘’bolletta petrolifera’’, cioè dalla spesa sostenuta dall’Italia per approvviggionarsi di greggio all’estero. Nel giro di due anni i costi si sono praticamente dimezzati, passando da dai 30 miliardi di euro del 2013 ai 16,2 miliardi dello scorso anno. Un bel risparmio in termini generali per il sistema Paese, di cui si avvantaggiano tutti. Sul fronte dei consumi, invece, secondo alcune analisi, l'ulteriore calo del prezzo del greggio sommato al rincaro del dollaro sull'euro avrebbero come effetto un beneficio di 3 miliardi di euro per minori costi dei carburanti di cui 2,5 miliardi di riverserebbero sui consumi pari a circa 116 euro l'anno per famiglia.
    IL CONTRACCOLPO DELL'INCERTEZZA: Da una parte la spinta ai consumi e all'industria manifatturiera,. dall'altra la brusca frenata delle società petrolifere e dei Paesi produttori: con il greggio su valori così bassi l'economia mondiale, tra spinte e contraccolpi, non sembra ancora aver trovato un equilibrio. La parola che più rimbalza sui report finanziari è al momento ''incertezza''. La sintesi migliore forse è quella affidata da un trader smaliziato di Boston alla Bloomberg: "dire quando si toccherà il fondo è come afferrare un coltello che cade''.


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