La battaglia per Rcs come un film di James Bond. La sfida tra Cairo e Bonomi, le loro storie

++Cairo convince gli azionisti di Rcs e mette la sua bandiera sul Corriere della Sera. L'Ops raggiunge il 48,8% superando l'Opa della cordata Bonomi che si ferma al 37,7% contando anche il 24,7% già posseduto dalla cordata ++




ROMA, 10 LUGLIO -  E battaglia sia…  Per la conquista di Rcs, ma soprattutto del Corriere della Sera, sarà una settimana rovente, anche se solo venerdì si saprà chi riuscirà a convincere gli azionisti e a mettere la bandiera sulla storia centenaria del Corrierone.

     Da una parte c’e’ la discontinuità di Urbano Cairo, selfmademan torinese che nasce dalla pubblicità ed è ora soprattutto un editore, con La7 e molte riviste. E punta ora a mettere un grande quotidiano nella sua scuderia. Dall’altra c’e’ la cordata di Andrea Bonomi, finanziere milanese di buona famiglia – sua nonna era la signora della borsa Anna Monomi Bolchini – che rappresenta la continuità con gli alleati-soci Rcs, ma che lega la finanza al rilancio industriale dei marchi che acquista, tanto da aver trasformato i suoi fondi una sorta di conglomerato industriale che controlla la Valtur e la Chicco, la Aston Martin e – fino a poco tempo fa – la Ducati.

     La sfida è certo economica. Piazza Affari ha dimostrato nelle ultime settimane di rilanci di guardare con attenzione ai “danèe”: c’è l’offerta tutta economica della cordata Imh che vede Bonomi,  con i soci di Rcs Diego Della Valle, Mediobanca, Pirelli e Unipol) che nell’ultimo rilancio ha rivisto al rialzo la proposta del 25% arrivando ad offrire 1 euro per azione; c’è l’offerta di scambio di Urbano Cairo che punta a creare un solo gruppo editoriale ed che ha aggiunto anche 25 cent cash (arrivando quindi a 1,04 cent per azione).

     Ma la guerra, che si preannuncia senza esclusione di colpi, e anche con annunci 
pubblicitari, vede una sfida anche tra due protagonisti che, anche nella diversità, hanno in comune un aspetto che emerge dalla loro storia: sono determinati e tenaci.

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        URBANO CAIRO: Chissà cosa aveva in testa il 18 luglio 2013, quando ammise all’Ansa di aver acquistato il 2,8% di azioni Rcs ''''E' un investimento a titolo personale da editore puro – assicurò - Non e' una nuova avventura, e' solo una piccola partecipazione, un piccolo contributo a che ho voluto dare anch'io''. Spiegò allora che in questo modo di volersi sdebitare con Rizzoli per aver ottenuto con la sua Cairo Pubblicità, nel 1996, il suo primo contratto: la concessione in esclusiva della vendita di spazi pubblicitari sui numerosi periodici.
     Era allora in fuga dal gruppo Fininvest e con una condanna, patteggiata, sul collo. Anche questa una storia da raccontare. Urbano Cairo è di Masio, in provincia di Alessandria e si laurea all’Università Bocconi di Milano. Prima di mettersi in proprio svolge il ruolo di di assistente di Silvio Berlusconi in Fininvest, poi direttore commerciale e vice direttore generale presso Publitalia – il potente gruppo pubbliciario della galassia Berlusconi – e quindi diventa amministratore delegato (dal 1991 al 1995 della Arnoldo Mondadori Editore pubblicità. “Durante questo periodo – racconta Wikipedia - viene coinvolto nell'inchiesta mani pulite: Cairo è l'unico a chiedere il patteggiamento, rompendo il fronte dei manager Publitalia che invece respingono le accuse e si dichiarano vittime politiche. Il suo avvocato, Giuseppe Pezzotta, riesce a concordare una pena di 19 mesi con la condizionale per falso in bilancio, fatture per operazioni inesistenti e appropriazione indebita. La sentenza diventa definitiva nel '99, ma dopo 5 anni scatta la riabilitazione e oggi il certificato penale di Cairo è pulito”.
    Cairo non riparte da zero. La sua esperienza nel settore pubblicitario la porta a profitto. Crea Cairo Pubblicità e da ex manager della ''galassia Fininvest'' ne diventa un concorrente: lo evidenzia lui stesso a chi cerca di misurare la distanza da Silvio Berlusconi. Nel gennaio del 1996 Cairo Pubblicita' inizia la sua attivita' ottenendo dal gruppo RCS la concessione in esclusiva della
vendita di spazi pubblicitari su Io Donna, Oggi e Tv Sette. Ma da allora è un crescendo. Nel febbraio 1999 acquista la Giorgio Mondadori. Nel luglio 2000 Cairo Communication entra in Borsa e raccoglie le risorse che consentono di cogliere ulteriori opportunità di crescita attraverso lo sviluppo delle attività esistenti e acquisizioni o partecipazioni in societa' operanti nel settore della
comunicazione.
    Il boccone più prestigioso è quello de La7 che acquista il 4 marzo del 2013 da Telecom per un milione: è la tv con il maggior numero di talk show, attenti soprattutto alla politica con conduttori di richiamo, che rompe il duopolio Rai-Fininvest in campo informativo. Sul fronte della carta stampata, invece, Cairo trasforma in successo l’idea di realizzare riviste a bassissimo costo, un euro, con ridotta forza giornalistica. A guardarli da lontano sono due ‘format’ completamente diversi: da una parte si usano nomi di richiamo del giornalismo per le trasmissione televisive, dall’altra si punta ad un giornalismo a bassissimo costo per informazione popolare. Per il Corrierone, c’e’ da giurarci, dovrà pensare ad  un format ancora diverso.
     A descrivere le ambizioni di Cairo, comunque, può servire anche ricordare – a chi di sport non si occupa – che dal 2005 è proprietario e presidente del Torino Football Club, con tutto quello che ne consegue: popolarità – con lo stadio pienissimo quando nel primo anno il Torino torna in serie A - ma anche contestazioni quando la squadra ridiscende in serie B. Il club, comunque, è ora di nuovo in A e nel campionato 2014-15, dopo molti anni, ha anche vinto un derby con la Juventus: che voglia significare qualcosa visto che Fca quest’anno ha invece annunciato il disimpegno da Rcs?

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       ANDREA BONOMI: Le parole d’ordine sono “risanare, rilanciare poi, col tempo - 5 anni di solito – rivendere”. Nel caso di Rcs sembra abbia detto ‘’datemi 10 anni’’. Come la raccontano i giornali quella di Andrea Bonomi sembrerebbe analoga alla storia del protagonista di Pretty Woman che compra e rivende aziende per trarne profitto: la trama, chi non la ricorda, racconta di un finanziere che alla fine sceglie la via etica del rilancio dell’industria acquistata, più che dello sfruttamento. ‘’L’erede della dinastia milanese con la passione dell’industria’’ è il titolo del profilo che gli dedica il Corriere non appena inizia la sua battaglia in Rcs con l’appoggio di alcuni soci storici del gruppo e, soprattutto, con il via libera alla sua Opa da parte del Cda della società.
    E' il nipote di Anna Bonomi Bolchini - la sciura dei danèe - che cavalcò la ricostruzione edilizia del secondo dopoguerra e con piglio finanziario creò un piccolo impero con Saffa, Mira Lanza, Credito Varesino, Toro Assicurazioni e che, tra l’altro, lancio la formula di quelli che oggi sono gli acquisti on line con Postalmarket. Ma è anche figlio di Carlo Bonomi che nel 1985 si vide sfilare la BI-Invest (con i suoi tesori) dall'allora presidente della Montedison Mario Schimberni con quella che viene considerata la prima opa ostile italiana.  E' lui oggi a riportare in auge il buon nome della famiglia milanese, prosperata sulla fortuna immobiliare che il bisnonno Carlo aveva costruito fin dalla fine dell'800 partendo da manovale di una piccola impresa di costruzioni.
       I suoi fondi hanno ora 13 aziende in portafogli e 5 miliardi di fatturato. Le ultime conquiste sono Valtur, nuovo investimento nel settore del turismo dopo il tentativo andato a vuoto di prendersi Club Med, e Artsana, il gruppo del marchio Chicco. Attraverso Investindustrial gestisce oltre 5 miliardi di euro ma ci tiene a non fare solo private equity. Considera infatti la sua come una holding di partecipazioni. «Più che una società di investimento ci vediamo come un gruppo industriale. Anzi come un’azienda che aiuta le altre a funzionare». E con questa ora punta a prendersi, insieme ai soci storici di Rcs, anche il Corriere della Sera.
    Mancava l'editoria nel suo portafoglio dove ha provato a metterci anche una banca, la Bpm, che ha lasciato dopo aver provato a trasformarla in popolare ibrida, osteggiato dai sindacati interni, anni prima dell'intervento del governo per la riforma del comparto.  La vicenda Bpm è significativa per due cose: conferma la milanesità di Bonomi, che nonostante gli studi all’estero sembra il suo tratto distintivo, ma anche il fatto che quando si è buttato nella mischia della finanza italiana, spinto dalle sirene di Mediobanca, non è riuscito a superare l’intreccio che, tra sindacati e affaristi, influenza fortemente la principale banca milanese.
    Di investimenti di maggior successo ne puo' tuttavia vantare una serie. Nel made in Italy Bonomi si e' preso le scarpe Sergio Rossi, ha promosso un polo di design intorno a B&B. Ma ancora prima si e' messo in luce con la Ducati: l'ha rimessa in carreggiata e poi l'ha ceduta ad Audi. Per restare nei motori, Investindustrial ha poi ancora in mano Aston Martin, la macchina di James Bond.

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     Forse per conquistare Rcs non servirà una macchina piena di trucchi e stratagemmi. Ma è facile intuire che la battaglia finanziaria per il Corrierone riserverà ancora colpi di scena, come in un film di James Bond. Per chi la guarda da fuori non servirà nemmeno l’acquisto di un biglietto...basterà mettersi in poltrona e abbassare le luci: lo spettacolo è assicurato.

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