Pensioni contro assunzioni. E il lavoro che non c'è. Ecco cosa raccontano i dati Istat
I numeri talvolta parlano. Raccontano in modo
asciutta verità che nessun confronto dialettico riesce a confutare. 1) Lo
scorso novembre la disoccupazione giovanile è risalita di 1,8 punti percentuali
arrivando a quota 39,4%, al livello dell’ottobre 2015. 2) Rispetto
al novembre 2015 ci sono 201 mila occupati in più. 3) Negli ultimi sei anni,
quelli caratterizzati dalla riforma delle pensioni, il numero di lavoratori con
più di 50 anni è cresciuto di due milioni.
I dati dell’Istat
raccontano così che dal limbo dell’inattività i giovani (e non solo) si sono
tornati ad affacciare al mercato del lavoro. Ma il lavoro non c’è.
Impossibile parlare di giovani choosy (schicchignosi), come fece in modo un po' snob il ministro
Fornero, e anche di bamboccioni come sollecitò Padoa Schioppa. Men che mai è giustificato usare la
superficialità dell’attuale ministro del
Lavoro, Giuliano Poletti, che – parlando dei 100 mila giovani che se ne sono
andati dall’Italia ha voluto sottolineare di ‘’conoscere gente che e' andata
via e che è bene che stia dove è andata, perchè sicuramente questo Paese non
soffrira' a non averli piu' fra i piedi’’.
I giovani vanno
via perché in Italia non trovano il lavoro. E, con coraggio e determinazione, pensano di potersela giocare anche all'estero. Il calo del numero degli inattivi
(di 0,6 punti percentuali) dimostra che sono tornati a cercare occupazione anche in Italia. Un
segnale di speranza che si infrange però contro il muro di un mercato non in grado
di assorbirli, che si muove, ma non poi tanto, solo con incentivi fiscali. Così il numero dei disoccupati cresce. E un tasso di
disoccupazione al giovanile che sfiora il 40% racconta i tante, troppe difficoltà.
L'altra faccia della medaglia la raccontano i dagli sugli
ultracinquantenni. Già perché la crescita degli occupati è dovuta più all’allungamento
dei tempi per l’uscita dal mercato del lavoro che ai nuovi occupati. In sei
anni i lavoratori con i capelli sale e pepe sono aumentati di 2 milioni. E contemporaneamente i disoccupati sono
aumentati di un milionem, passando dai 2milioni e 26 mila del 2010
ai 3 milioni e 89 mila dell'ultimo dato disponibile.
Già perché le
riforme delle pensioni, che ci sono state vendute con la necessità di avere lo
sguardo lungo, di garantire un equilibrio previdenziale nel lungo tempo che
consenta di dare pensioni alle future generazioni, hanno dimenticato un piccolo
particolare: per poter un giorno diventare pensionato è ineludibile aver
superato un primo ostacolo. Aver
lavorato.
Commenti
Posta un commento