Confrontarsi solo con chi concorda: è la "Bubble Democracy", in Italia "Narciso Democracy"


   E’, in fondo, il segreto per distinguere le notizie vere dalle fake news: non cullarsi nelle proprie opinioni ma essere curiosi degli altri, mettersi in discussione e verificare. Ma la politica ama l'autoreferenzialità e, a fianco al rischio delle notizie-bufala, si apre un nuovo pericolo: quello della “bubble democracy” - la democrazia rinchiusa in una bolla - che ben descrive un potere che cerca i consensi solo dove è sicuro di trovarli. E limita la concorrenza delle idee, l'unica vera riforma in grado di far crescere un Paese.

    Si sa, sul tema della comunicazione politica gli Usa sono precursori. Allora acquista un certo valore l’allarme lanciato non da una persona qualsiasi, ma da Barack Obama nel suo discorso di commiato di fine mandato (il 10 gennaio 2017), quando oramai tutte le attenzioni erano focalizzate sul prossimo arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.(eccolo).

     “Per troppi di noi - ha detto l’allora presidente Usa alle ultime battute del suo secondo mandato - è diventato più sicuro ritirarsi nelle proprie bolle (…) circondati da persone che ci assomigliamo e che condividono la nostra medesima visione politica e non sfidano mai le nostre posizioni. (…) E diventiamo progressivamente tanto sicuri nelle nostre bolle, che finiamo con l’accettare solo quelle informazioni, vere o false che siano, che si adattano alle nostre opinioni, invece di basare le nostre opinioni sulle prove che ci sono là fuori’’. Obama ha quindi parlato di 'pericolo per la democrazia' che invece si basa sulla 'battaglia delle idee'.

    Mi sembra che l’intervento descriva bene il momento che passa la politica italiana, che lancia giustamente l’allarme sulle fake news ma che dovrebbe temere anche, con la stessa intensità, il rischio di autoreferenzialità telematica, nella quale si punta più a realizzare una ‘’narrazione’’ della propria verità che a costruire un confronto con la realtà.

    La parola-chiave, ora in gran voga, che si fonde con la volontà di 'narrare' la propria realtà, è disintermediazione. Nasce con l’idea ai accorciare le distanze tra i cittadini e la politica. Ma invece di avvicinare la politica alle esigenze della gente viene ora declinata con una direzione di segno opposto: per avvicinare la gente alle esigenze di comunicazione e consenso del leader. La 'disintermediazione' consente così di creare un dialogo diretto, ovviamente senza contraddittorio. E questo sollecita la creazione di quella che oggi si chiamerebbe ‘’narrazione’’ e che nel passato si chiamava ‘’mezza verità’’.

 E’ la ‘’democrazia in una bolla’’ della quale parla Obama. Che consente di superare il controllo della stampa (che ha a sua volta molte colpe) e che si alimenta con nuovi strumenti della rete: dai blog alle dirette su Facebook e Twitter, dalle e-mail fino alla creazione di app personali. Quella di Matteo Renzi, ad esempio, è decisamente autoreferenziale (eccola). Ha anche una sezione nella quale vengono dati ‘’punti’’ a chi rilancia sui social i messaggi del segretario del Pd: i primi 50 in classifica, che ne accumuleranno di più, ‘vincono’ un incontro con Renzi

    Il filo sottile che divide la necessità di un confronto diretto con quello di fare e-propaganda è sottilissimo. Forse è già spezzato.

     Ecco, a pensarci bene, per sollecitare un po’ di spirito critico, senza dover scomodare la ‘bubble democracy’ di Obama basterebbe spolverare qualche libro di scuola e ripercorrere il mito greco di Narciso che si innamora della propria immagine. Lo faccio come ammonimento perché credo che Matteo Renzi abbia ancora oggi buone chance per diventare il prossimo premier italiano. Ma la "Narciso Democracy" mi sembra da evitare. Anche perché la sua storia - ricordate? - non è certo di quelle a lieto fine.

Commenti

Post più popolari