Accordo sul fisco, perchè la Svizzera ha detto sì, con un occhio alle proprie banche






    (di Corrado Chiominto)
      L’accordo Italia-Svizzera consentirà al Governo italiano di rimpinguare i conti pubblici del 2015: la volontary disclosure, per regolarizzare i capitali esportati al di fuori delle regole fiscali italiane, darà una decisa boccata d’aria alle asfittiche finanze pubbliche. Si ipotizza un incasso di 5-6 miliardi, e non è poco. In prospettiva poi,  ma con un processo graduale, gli scambi di informazioni fiscali consentiranno di ‘’bucare’’ il rigido segreto bancario che ha fatto le fortune della Confederazione Svizzera.

      Ma perché la Svizzera ha firmato? L’intesa, che è frutto di trattative che durano da oltre tre anni, rappresentano  un successo anche per il governo del Paese alpino. Il contesto internazionale e’ cambiato. Non è però la sola sindrome dell’accerchiamento – che anzi in passato ha favorito l’economia cantonale – ad aver fatto cedere le vecchie difese svizzere.  La consigliera di Berna è riuscita comunque a mettere a segno almeno due colpi: il primo sulla tassazione dei  lavoratori trasfrontalieri, il secondo sul rischio che più preoccupa i banchieri svizzeri, quello di essere coinvolti penalmente da leggi di altri Paesi.

        Che l’aria internazionale nei confronti dei Paradisi fiscali sia cambiata è evidente.  Il responsabile fiscale dell’Ocse, Pascal Saint-Amans, lo definisce 'levelingthe playing field', cioè creazione di regole del gioco omogenee. Tutti si stanno adeguando – oggi il Liechtenstein – e quindi non c’e’ più pericolo il denaro scappi dalla Svizzera a Singapore o a Hong Kong, perché anche Singapore e Hong Kong hanno firmato per lo scambio automatico. La sola eccezione a questo scenario è rappresentata da Panama, "l'unica vera piazza finanziaria che non ha sottoscritto l'accordo – sostiene Saint-Amans - E' una situazione problematica, su cui è probabile che si vada verso delle saranno misure di ritorsione da parte del G20, dato che c'è un rischio sistemico sui capitali".

     Alla Svizzera non restava che adeguarsi. Ovviamente mettendo puntelli di salvaguardia per le proprie banche. Il primo riguarda i tempi. Il vero e proprio superamento del segreto bancario arriverà nel 2018, e di acqua sotto i ponti ne dovrà passare parecchia.  Il processo, insomma, parte. Ma sarà progressivo.

      Il secondo puntello riguarda l’imputabilità dei banchieri. E’ prevista al punto 2.2.6 della ‘’Roadmap on the way forward inFiscal and Financial issues’’, in pratica nell’intesa sulla strada da seguire per attuare l’accordo. Il testo, scritto rigidamente in inglese (aggirando quindi tutti gli idiomi di Italia e Svizzera, ma ben comprensibile ai finanzieri internazionali) , stabilisce nero su bianco che ‘’banche e istituzioni finanziarie, come i loro consulenti e lavoratori, sono responsabili per le proprie violazioni fiscali. In principio, non sono passibili di penalità per violazioni fiscali dei loro clienti’’. La svolta svizzera – ha spiegato all’Ansa l’avvocato che opera a Lugano, Carlo Bernasconi – avrebbe trovato la spinta principale proprio nella necessità di porre un argine al rischio che gli intermediari, quando andavano all’estero, potessero essere arrestati, come è successo negli Stati Uniti ma anche in Germania. Insomma, una cosa è essere finanzieri, magari spregiudicati, un’altra è essere e rischiare di essere trattati come criminali.

         La Svizzera, poi,  è riuscita a mantenere gli incassi sui salari pagati ai trasfrontalieri, anzi forse li aumenterà. Ora doveva riversare ai comuni di frontiera il 38% degli incassi. In futuro potrà mantenere fino al 70% del prelievo sui redditi e a recuperare il rimanente spetterà direttamente all’Italia: insomma si alleggerisce anche la burocrazia per i cantoni svizzeri.

     Nell’accordo, poi, c’e’ anche un non scritto. Era uno dei capitoli del confronto, ma è sparito dall’intesa finale: la Svizzera aveva l’interesse ad ottenere maggiori autorizzazioni (sportelli bancari?) per i proprio intermediari in Italia. Il tema è scomparso e il ministro dell’Economia, PierCarlo Padoan ha spiegato che se ne parlerà in futuro. Difficile capire se l’Italia ha arginato la richiesta o se sulla partita un’intesa arriverà, magari a breve o con il crescere della collaborazione informativa in campo fiscale. Ma su un punto ci si può già scommettere: la Svizzera dei banchieri mostrerà sul tema un’assoluta tenacia.

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