Leggi opache e decreti a scoppio ritardato. Mattarella accende un faro
Al presidente della Repubblica spetta il
compito di rappresentare la nazione e di essere garante della Costituzione. Il
neo eletto Sergio Mattarella ha descritto chiaramente, declinandoli nella
pratica di tutti i giorni, i diritti – dal lavoro alla salute – che la Carta
costituzionale riconosce ai ‘concittadini’. E ha anche tracciato i volti della Repubblica,
dando corpo reale al Paese, quasi come fosse un album fotografico di famiglia.
Ha poi ricordato le emergenze dell’Italia: dalla corruzione alla mafia, dal dramma
del lavoro giovanile a quello della violenza sulle donne, dai rischi del
terrorismo all’esigenza di riforme. Tutti temi da prima pagina.
Ma
una vera e propria frecciata, che inciderà realmente sulla pratica quotidiana dei
lavori parlamentari, l’ha inviata al Governo, preannunciando un nuovo corso su
uno dei pochi poteri reali che la Costituzione attribuisce al presidente della Repubblica: la verifica del rispetto delle regole di
costituzionalità nell’iter delle leggi. Leggi che deve controfirmare e che, in una rapida verifica di rispetto dei criteri di costituzionalità, può inviare indietro alle Camere per sanare eventuali vizi formali e sostanziali.
‘’Vi è la necessità – ha detto Mattarella
incastonando il concetto tra l’urgenza delle riforme e quelle della legge
elettorale - di superare la logica della
deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando
l'esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una
corretta dialettica parlamentare’’.
Non è tema da tecnici e nemmeno questione
di lana caprina. L’iter legislativo ha preso una deriva che – al di là dell’aspetto
tecnico che non importa a nessuno – rischia di minare nel profondo quel
rapporto tra pesi e contrappesi che caratterizza la nostra democrazia
parlamentare. E non solo per il ricorso eccessivo alla decretazione d’urgenza. Gli
ultimi dati infatti indicano che il 42% di tutte le norme approvate dal
parlamento sono decreti legge, Contro il 27% della legislatura di Berlusconi
(che però aveva imparato ad aggirare anche i decreti legge facendo ricorso alle
ordinanze di protezione civile per autorizzare spese fuori dall’iter
parlamentare) e il 28,2% del governo Prodi Bis.
Ma i richiamo del Presidente della Repubblica è più ampio. Vi si può leggere anche la preoccupazione per: 1) la contrazione dei poteri parlamentari,
2) la confusione normativa che favorisce solo i furbi e non i cittadini, 3) il meccanismo di opacità di messa a punto dei
decreti stessi.
1) i voti di fiducia: A contrarre i poteri parlamentari è il sempre
più frequente ricorso al voto di fiducia, con veri e propri eccessi. Un
esempio? Nell’ultima legge di stabilità, al Senato il passaggio chiave –
quello che ha poi consegnato il testo definitivo da ratificare alla Camera – è avvenuto
senza l’approvazione della commissione Bilancio, con un maxi emendamento del
governo contenente molte norme mai discusse e presentato in piena notte dopo
due giorni di attesa. L’ ok è arrivato in poche ore (all'alba) e poi di
nuovo alla Camera con un passaggio velocissimo. E' chiaro che le norme non sono state correttamente incardinate e che nessuno sa cosa ha approvato.
2) i decreti omnibus: Il decreto è un
treno normativo velocissimo. È subito efficace e poi in 60 giorni diventa
legge. Così, per comodita, spesso viene caricato di tanti ‘vagoni’ normativi. Spesso
troppi. Perde così una delle caratteristiche che la costituzione: l'omogeneità (la Costituzione parla di deroghe all'iter legislativo parlamentare solo per ‘’oggetti definiti’’). Lo stesso Napolitano l'ha rilevato più volte. Inutilmente. Già perché affastellare di
tante misure un solo testo, senza riferimenti chiari negli articoli, ha un solo
effetto (o forse sarebbe da scrivere un solo obiettivo): le norme non arrivano
ai cittadini ma parlano solo agli ‘esperti’ in grado di orientarsi come moderni
azzeccacarbugli tra rinvii e codicilli; e alla fine consentono di inserire
sempre una normetta a favore di qualcuno (pratica anche questa vietata da una
ampia giurisprudenza costituzionale).
3) i
decreti a scoppio ritardato: Di certo Matterella imporrà al governo anche
il rispetto di un’altra norma prevista dalla Costituzione nel definire i
decreti legge. E’ il passo dell’articolo 77 che recita: "Quando in casi straordinari di necessità e di
urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti
provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la
conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e
si riuniscono entro cinque giorni’’.
Al momento non è mai successo che un
decreto legge approvato dal Governo Renzi fosse recapitto il giorno stesso alle
Camere. Spesso l’approvazione avviene ‘’salvo intese’’. Così, con un meccanismo opaco che fa
molto pensare, i decreti legge – in barba al criterio di necessità ed urgenza –
impiegano in media 9 giorni per approdare in Parlarmento e in Gazzetta
Ufficiale. In due casi, il primo per il terremoto in Emilia e il secondo per i
commissari per le opere pubbliche, il Parlamento ha dovuto pazientare
rispettivamente 24 e 42 giorni. Una violazione costituzionale evidente che
lascia tanti dubbi: ma cosa è stato approvato in Consiglio dei Ministri? Chi
mette le mani sul testo e per queli modifiche?
Una nebbia legislativa che ha davvero poco di democratico e sulla quale –
l’ha fatto capire chiaramente – Mattarella è pronto ad intervenire.
Ps. Il blog DentroleCose aveva più volte richiamato l'attenzione sul tema dell'opacità normativa e dei rischi democratici che comporta parlando del codicillo salva-cavaliere nell'attuazione delle delega fiscale e in un post sui decreti legge ad urgenza differita.
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