L'eredità della Legge di Bilancio. Addio Irpef e ''tasse ad orologeria'' per 42,7 miliardi da bloccare
La manovra è legge. Con il paradosso che il Senato, ‘’salvato’’ dal
Referendum, non ha potuto esaminare la Legge di Bilancio. Ecco allora qualche indicazione
''macro'' per comprendere gli effetti che la Legge di Bilancio produce e quello che lascia in eredità al
prossimo governo.
In sintesi: ci sono 42,7 miliardi di tasse da sminare in due anni, il promesso calo Irpef da salutare, il deficit da ridurre, molte misure una tantum che scompariranno e il fiato su collo di Bruxelles che chiede una ulteriore correzione...
Interventi per 26,7
miliardi
16,5
miliardi sono tagli di tasse, 10,2 miliardi sono per aumenti della spesa (per rifinanziare i vari bonus). Ma per capire
i tagli di tasse si concentrano soprattutto nello ‘’sminare’’ l’aumento dell’Iva
programmato l’anno precedente che da solo vale 15,4 miliardi (Fonte:
audizione ministro dell’Economia Padoan).
12 miliardi arrivano dal deficit
E’ una delle mele avvelenate che il nuovo
governo lascia per il futuro. La manovra punta certo a spingere la crescita ma
finanzia le misure con uno sforamento di deficit di 12 miliardi,
cioe’ dei conti dello Stato, che vale il 40% della manovra: altri
14,7 miliardi di coperture arrivano da maggiori entrate (tasse) e minori spese
(tagli) (Fonte: audizione ministro dell’Economia Padoan).
Inutile dire che questo non solo scarica sulle
generazioni future l’onere della manovra, ma ci attira gli strali di Bruxelles
(leggi dopo)
Le tasse in eredità:
42,7 miliardi da disattivare
La strada rimane in salita per chi prenderà il testimone del
governo. Quest’anno oltre metà degli interventi è servito a bloccare l’aumento
previsto per Iva e accise che sarebbe scattato il primo gennaio.
Il
prossimo sarà ancora peggio: con la legge di Bilancio sarà necessario disattivare
19,5 miliardi di clausole di salvaguardia dovuti all’aumento dell’Iva dal 10 al
13% e dal 22 al 25% (e c’’è anche un balzello sulle accise della benzina).
Nel 2019 il conto diventa ancora
pià salato: gli
aumenti Iva previsti salgono a 23,250 miliardi: l’Iva passa dal 25 al 25,9%, un
rincaro che vale 3,7 miliardi.
Chiaro che si tratta di una bomba ad orologeria, come nei film di James Bond. Gli aumenti non dovranno scattare,
altrimenti si rischia di bruciare quel po’ di crescita che l’Italia sta
conquistando faticosamente
Da 2014 -23,5 mld di tasse, ma addio a taglio Irpef
Il ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan ha spiegato in parlamento che dall’arrivo
del governo Renzi ci sono stati tagli fiscali per 23,5 miliardi: il
carico fiscale dei dipendenti del 2014 (cioè gli 80 euro in busta paga), la
Tasi nel 2016 e l’Ires (l’imposta sui redditi delle imprese) e l’Irap nel 2017.
Purtroppo
è rimasto in coda il taglio dell’Irpef: il governo l’aveva promesso dal
2018, quindi da approvare con la manovra del 2017, ma rimarrà lettera morta. Da
segnalare che il calo dell’Ires che scatta nel 2017 era già stato inserito
nella manovra del dicembre 2015 mentre ora la Legge di Bilancio appena
approvata non contiene nemmeno l’ombra della riduzione Irpef promessa. A conti
fatti gli sconti fiscali hanno privilegiato le imprese e i proprietari
immobiliari, non i lavoratori. E, poiché ogni punto di Irpef vale 3 miliardi,
sarà difficile che il sogno di molti si realizzi.
Bruxelles: servono
altre 5 miliardi di misure
La Commissione
europea ha esaminato la manovra italiana chiedendo misure aggiuntive pari a 5
miliardi. Ha però rinviato il giudizio finale a marzo. Per gli esperti di
Bruxelles la manovra disattende gli impegni presi dall’Italia, il calcolo è
complesso ma il gap di deficit è di circa 1,1 punti di Pil e, alla fine, tra
flessibilità e clausole straordinarie (che certo non potranno durare in eterno)
la correzione da fare si limiterà a 0,3 punti: in soldoni 5 miliardi di euro. L'Italia però conta di raggiungere una maggiore crescita (gli ultimi dati del Pil sono confortanti) e così ridurre l'impatto dell'intervento correttivo che deve essere realizzato.
Due-terzi del gettito da una tantum
"Le misure con effetti temporanei
rappresentano circa i due terzi del maggior gettito atteso nel 2017 e circa un
terzo nel 2018” (fonte Banca d’Italia, ecco l’intera relazione) L’Ufficio
Parlamentare di Bilancio, cioè la nuova authority indipendente sui conti
pubblici italiani, calcola che ci saranno in totale 3.340 milioni di
incassi e spese che valgono per un solo anno. Si va dalla volontari
disclosure (1,6 miliardi), ai diritti d’uso per le frequenze (circa 2 miliardi)
ma anche a spese ‘annuali’, come quelle per il sisma Umbria Marche (130
milioni) o per il bonus infrastrutture (400 milioni).
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