Industria si inchioda, Italia verso nuova recessione. Ma, per ora, i conti reggono





++ Crisi: Renzi, escludo la manovra ++
 'Escludo la manovra'. Cosi' Matteo Renzi alla luce dei dati dell'Istat, aggiungendo di non 'andare
ogni giorno a caccia di dati' e che a fronte di dati negativi ci sono dati positivi.(ANSA).



      (di Corrado Chiominto)

      Niente primavera per l’industria italiana. Nel mese delle rose rimangono solo le spine per il Belpaese: la produzione industriale, che i più pessimisti stimavano rimanere ferma sullo zero, ha fatto una vera e propria capriola all’indietro. E un tonfo dell’1,8% rispetto allo stesso mese del 2013 e dell'1,2% sul mese precedente che riesce ad annullare anche quel timido rialzo (+0,5%) messo a segno in aprile(il comunicato Istat).

     Lo spettro di un ritorno alla recessione torna così ad aleggiare sull’Italia. Il Pil del secondo trimestre rischia di essere nuovamente negativo, portandosi sulla parte bassa della forchetta (-0,1%/+0,3%)  indicata dall’Istat nelle sue recenti previsioni
 Bisognerà aspettare il 6 agosto per avere il dato ufficiale. Ma già ora appare chiaro che puntare su una crescita dello 0,8% nel 2014, così come programmato dal governo, è una scommessa persa. Prestissimo, questo è certo, il governo dovrà mettere a punto nuove stime.

     Le conseguenze di questa nuova frenata si faranno sentire sulle famiglie. Il rischio vero non è quello di una nuova manovra economica, ma di un vero e proprio avvitamento dello sviluppo del Paese. Il circolo vizioso è chiaro: meno produzione-calo dei posti di lavoro-riduzione dei consumi-prezzi in deflazione-riduzione dei guadagni-nuovo calo dei posti di lavoro… e via di nuovo.

      Per il Paese, insomma, è tornata a lampeggiare la scritta ‘’red alarm’’ e per il governo dovrebbe scattare un livello di massima attenzione. Non può, e non deve,  consolare il fatto che l’Italia sia in buona compagnia e che, solo qualche giorno fa, anche la locomotiva-Germania ha registrato per maggio una produzione industriale in calo dell’1,8%. Semmai, questo dovrebbe far aprire un dibattito sulle difficoltà a fronteggiare il futuro per le economie nelle quali il settore manifatturiero è ancora old stile e richiede innovazione.

        In un contesto decisamente cupo, i rischi per le famiglie arrivano soprattutto dall’economia reale che crea precarietà sul fronte dle lavoro. Così il dibattito che sembra emergere sull’arrivo di una nuova manovra è certamente surreale e rischia di essere fuorviante.

      Non ci sarà alcuna manovra correttiva sui conti del 2013. E non perché ce lo assicura il governo o perché l’Europa non ce lo chiederà. Non ci sarà alcuna manovra perché lo dice la matematica. La nuova frenata dell’economia italiana rischia, però, di nuovi di metterci sul filo del rasoio delle regole europee.

     Facciamo i conti.  Se si dovesse finire il 2013 con una crescita del Pil dello 0,2%, cosi come previsto da Confindustria, la contrazione della crescita rispetto allo 0,8% ora prevista dalle stime ufficiali sarebbe di 0,6 punti. Questo, per il meccanismo della flessibilità gia' ora prevista in caso di rallentamento economico, farebbe lievitare il deficit 2014 di 0,3 punti, portandolo dal 2,6 al 2,9 per cento. L'Italia rimarrebbe sotto la soglia del 3% e, quindi, non sarebbe necessaria alcuna manovra correttiva in corso d'anno. A questo basta la ‘vecchia’ flessibilità.

     I conti sono al sicuro, ora bisogna mettere al sicuro gli italiani. Per questo appare come un buon auspicio il fatto che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan affermi: "il carico fiscale in Italia resta molto elevato, bisogna farlo cadere compatibilmente con gli spazi di bilancio che il Paese ha a disposizione".  Anche per questo serviranno risorse. Così, quando ad inizio ottobre il governo presenterà la legge di stabilità per il 2014, il Tesoro dovrà aver trovare tra le pieghe di bilancio circa 15-20 miliardi per rendere strutturale il bonus degli 80 euro ed ampliare la platea a pensionati e lavoratori autonomi.  Da dove arriveranno?  Da una nuova sforbiciata alla selva di agevolazioni fiscali e da una cesoiata pesante alla società pubbliche controllate dagli enti locali (Vedi il blog del commissario Cottarelli). E poi dagli altri capitoli della spending review dalla quale, vuoto per pieno, il governo si attende 17 miliardi di risparmi per il 2015: un cerino, questo, che brucerà tra le dita del commissario per la revisione della spesa Carlo Cottarelli (Il programma della spending). Di certo quest’estate non lo incontreremo in spiaggia.

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