Ecco perchè il 'tesoretto' del Def va speso. Gli ammonimenti dei 'dotti', il pungolo e la raccolta differenziata
Il ‘’tesoretto’’ se c’e’ va speso.
Non c’e’ dubbio. La domanda alla quale rispondere per sciogliere ogni dubbio è elementare: perché se
l’Europa ci chiede di ridurre il deficit al 2,6% noi dobbiamo portarlo al 2,5%?
Fare più del richiesto sarebbe una scelta incomprensibilmente in controtendenza
rispetto alla piccolo spazio di flessibilità concesso ora, e forse anche un po’
in ritardo, dall’Europa. E chi dice il contrario ha cancellato gli ultimi due
anni del dibattito che ha animato il confronto all’interno della Commissione
Europeo: non ha lo sguardo lungo, ma la vista annebbiata.
Certo l’arrivo del Def, come sempre quando si parla di soldi pubblici e di risorse
da spendere, ha messo in moto il solito meccanismo infernale. Ha aperto i teli
del palcoscenico su quella che, con un po’ di distacco, sembra una commedia di
Goldoni, nella quale tutti gli attori sul palcoscenico hanno un canovaccio già
stabilito da seguire.
L’attore principale, inutile dirlo,
è il governo. I tecnici del Tesoro, tabelle
alla mano, hanno scoperto un minuscolo spazio di manovra (stiamo parlando dello
0,1% di deficit). E subito il governo ha soffiato sul fuoco, alimentando le
attese. L’obiettivo è chiaro, quello di ricavarne un dividendo in termini
elettorali alle prossime regionali. L’opposizione ha invece sollevato un muro ed
ha sfoderato la scimitarra lamentando il fatto che si tratta di stime tutte da confermare.
Anche le parti sociali hanno giocato la
propria partita. Ciascuno con le proprie rivendicazioni: c’e’ chi ha chiesto di
favorire le famiglie con figli, chi i poveri, chi le assunzioni e chi le
ristrutturazioni delle facciate dei palazzi.
Ovviamente – ma anche nelle commedie c’è sempre il dotto, il medico e il sapiente pronto a dare consigli - sono intervenuti anche gli
esperti. In qualità di ‘’consulenti’’
delle scelte parlamentari sono state ascoltate sul Def alcune importanti
istituzioni: la Banca d’Italia e la Corte dei conti, alle quali si è aggiunto
recentemente l’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Anche in questo caso ciascuno
ha un ruolo da svolgere.
L’Upb ha così chiesto prudenza,
evidenziando i rischi legati alle stime (ecco il documento). Tutti gli indicatori positivi usati
dal governo (cioe’ il calo dell’Euro che favorisce le esportazioni, il calo del
prezzo del petrolio che fa scendere i prezzi delle merci) sono stati di fatto
rovesciati nel corso dell’audizione, e descritti come possibili rischi: cosa
succederebbe se il petrolio rimbalzasse? E se l’euro aumentasse di valore?
Risposta scontata. Ne deriva la richiesta di usare ‘’prudenza’’ nello spendere
il Tesoretto.
La Banca d’Italia (ecco il documento) ha invece chiesto
di usare le maggiori risorse per migliorare i conti pubblici (non dimentichiamoci che parliamo di uno 0,1% del deficit). In pratica ha chiesto di non spendere queste risorse (che valgono 1,6 miliardi). Visto l’ammontare del debito pubblico
italiano è come se il medico alle prese con una brutta malattia avesse aggiunto
alle medicine anche un’aspirina ‘perché è meglio essere prudenti’.
La verità è gli ammonimenti
che arrivano dalle istituzioni (Corte Conti compresa) non solo sono all’interno
di un gioco delle parti, dove la critica serve a creare un confronto, ma si
basano su letture ‘statiche’ dei conti
pubblici, un po’ troppo aritmetiche. Inutile dire che, anche un piccolo spazio
di manovra come il ‘tesoretto’ (che in concreto è la differenza tra l’andamento
‘naturale’ del deficit e quello che invece il governo stima di realizzare) se usato per promuore politiche attive può essere
di grande aiuto.
L’ipotesi di
intervenire con un sostegno dei redditi della fascia di popolazione più povera
- ipotizzato dal Pd, non smentito da Renzi e fortemente voluto da Poletti - avrebbe una base di razionalità. Il Qe della Bce avrà nel lungo
periodo l’effetto di aumentare il divario tra ricchi e poveri. (leggi "Quantitative Easing, la spintarella all’economia che rischia di aumentare gap ricchi-poveri") I primi –
soprattutto chi possiede beni – vedranno aumentare il valore di ciò che
possiedono, i secondi – soprattutto se salariati di basso reddito – si vedranno
‘drenare’ risorse dall’aumento del costo della vita, cioè dell’inflazione.
Ma l’utilizzo
migliore del ‘tesoretto’ potrebbe essere ancora diverso. Le poche risorse potrebbero essere un ‘pungolo’
per favorire logiche di innovazione, per sviluppo e lavoro. E’ la ‘nudge teory’ utilizzata da due economisti dello staff di Barack Obama, Richard Thaler e
Cass Sustein, per sviluppare innovazioni nel settore del welfare. Senza introdurre obblighi, ma 'spingendo' percorsi e comportamenti virtuosi
Le
idee potrebbero essere moltissime. Un esempio? I comuni - anche loro attori della commedia del Def - hanno lamentato
tagli di risorse. Il 'tesoretto' potrebbe servire per ‘’premiare’’ e magari spingere l’aggregazione
e l’innovazione nella raccolta differenziata dei rifiuti. Con un processo che, consente di realizzare
risparmi e – contemporaneamente – utilizzare un maggior numero di lavoratori.
Come è possibile? E’ possibile, è
possibile. Quello che accade a Treviso – una realtà descritta recentemente
durante la trasmissione ‘’Scala Mercalli’’ della Rai (ecco la puntata del 5 aprile) - non è solo un esempio. Non
è una rappresentazione teatrale. E’ una realtà. Da estendere.
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