Tesoretto o bonus: le parole nel flipper della comunicazione politica






     Basta la parola, suggeriva il tormentone pubblicitario di un vecchio Carosello. Ma ora, nell’era dei social network, la comunicazione usa in modo creativo le parole, alterandone i significati. Fino al paradosso.

      E’ il caso del ‘tesoretto’  che giornalisticamente descrive le possibili maggiori risorse che emergono dal Def  e che il governo potrebbe utilizzare già quest’anno in favore dei meno abbienti. Al premier Matteo Renzi la parola non piace (ma la usa): preferisce 'bonus'. Ma, poiché le risorse vengono da un aumento del deficit, è come se un padre di famiglia chiamasse bonus il fatto che ha ottenuto dalla banca un allungamento della restituzione del debito e che, avrà più risorse adesso, ma dovrà pagare di più dopo.

      Certo la parola 'tesoretto', come tutte le parole abusate, ha già concluso la sua parabola di efficacia per la comunicazione politica. Sergio Rizzo, sul Corriere della Sera, ha ricordato come la parola nasce durante Tangentopoli per descrivere il malloppo scoperto dai magistrati del pool Mani Pulite sui conti esteri di alcuni imputati. Usato successivamente per segnalare risorse emerse durante il check up dei conti pubblici non ha portato ugualmente fortuna:  i denari dei diversi tesoretti scoperti da vari governi si sono dissolti al sole così come erano apparsi. Senza distinzioni di appartenenza politica, in modo bipartisan. E’ accaduto al duo Berlusconi-Tremonti e poi a Prodi-Visco e anche a Monti.

      Tesoretto è certo efficace giornalisticamente: da l’idea di un ‘gruzzolo’ scoperto, in questo caso tra le pieghe del bilancio. L’uso della parola 'bonus' – che ora appare vincente sui giornali - è invece certamente improprio. Basta prendere un vocabolario.  Le definizioni sono tre: 1) gratifica annuale corrisposta da un datore di lavoro a titolo di incentivo; 2) tagliando di sconto rilasciato per certi acquisti; 3) In alcuni giochi, premio elargito a un concorrente che ha raggiunto determinati risultati. Insomma la scritta che si accende sul flipper.  Niente a che vedere con la finanza pubblica che invece ha utilizzato la parola per sintetizzare nei titoli alcuni ‘’crediti d’imposta’’ o incentivi di carattere para-fiscale: un esempio, il ‘bonus bebè’ per aiutare con un incentivo economico i genitori alle prese con un neonato.

      Ma la politica, per comunicare, ha bisogno talvolta di dare consistenza anche a quello che consistenza non ha.  Lo si chiami Tesoretto o Bonus, per ora le risorse sono solo una percentuale, tra l’altro risica, indicata in una tabella del Def.   Eccola:

     Si tratta di un minuscolo 0,1% del Pil. Equivale a 1,6 miliardi ma per un bilancio pubblico che espone un debito pubblico al 132,5% del Pil è chiaro che si sta parlando quasi di un ‘’arrotondamento’’ dei conti. Tecnicamente e’ una ''variazione cumulata del saldo primario'' o il  ‘’differenziale tra il deficit tendenziale e il deficit programmatico’’, cioè la differenza tra il naturale  andamento dei conti e quello invece stimato dal governo. Durante la conferenza stampa del Def Renzi ha cercato un acronimo del concetto e poi ha capitolato scherzosamento sull’uso giornalistico di  ‘tesoretto’. Anche il suo portavoce Sensi ha anche ironizzato sul concetto, trasformandolo in un hashtag.
       Ma – al di la della digressione glottologica - le parole usate, ancora una volta, segnano la distanza tra volontà e realta. In attesa che questo ‘’spazio di manovra’’ diventi un provvedimento, trasformando la percentuale in risorse per cittadini, appare davvero improprio usare le parole bonus e tesoretto.  Lo 0,1% è solo un aumento del Deficit (che tra l’altro pagano gli italiani). Passando da un bilancio pubblico ad uno familiare, è come voler chiamare bonus il fatto di aver chiesto alla Banca una maggiore dilazione nella restituzione del mutuo. Tecnicamente, ma è orribile, è un  ‘’extradeficit’’, uno sforamento del deficit: ma anche in questo caso la parola è stata abusata dalla politica e l’ex ministro Giulio Tremonti la utilizzava per indicare uno ‘sforamento’ di deficit che attribuiva alle colpe dei precedenti governi.

    Insomma: bonus o risorse aggiuntive, tesoretto o spazio di manovra: per ora lo 0,1% di deficit, che fotografa il differenziale tra tendenziale o programmatico, è solo un numero.  Perchè si superino le parole bisogna attendere che questa percentuale prenda consistenza, finanziando una misura, un provvedimento.

    Solo allora potremo trovare la parola giusta.


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