Crescita riparte, con effetto doping. Ottimismo è un dovere, ma lavoro stenta. Cosa dicono Istat, Ue e Bce
(di Corrado Chiominto)
La recessione è alle spalle, ma la crescita è
debole. E’ vero, utilizzando l’hashtag di Renzi, che l' #Italiacambiaverso. Ma se il rimbalzo c’è è quello che appare inevitabile. Toccato il fondo del barile – che però
per l’Italia sembrava non arrivare mai - non si può che risalire.
Essere ottimisti è doveroso, soprattutto dopo 4 anni di contrazione dell'economia.
Però a
chiarire che il quadro non è ancora roseo è proprio l’incertezza sul dato più importante
per le famiglie italiane: il lavoro. Un punto chiave sul quale la musica non sta cambiando, o perlomeno non sta cambiando come dovrebbe. L’occupazione stenta, è tornata a crescere
ma poco. Pochissimo. L’incremento occupazionale è e resterà per il prossimo
anno ancora sullo zero virgola (+0,6% quest’anno, +0,9% il prossimo, +0,7% nel
2017), senza mai raggiungere un esile 1%. E questo nonostante i forti sgravi contributivi del
jobs act, che il governo ridimensionerà facendo scendere al 40% a partire da gennaio (ecco i dati Istat).
L’effetto della diffusione in contemporanea di
molti dati da Istat, Eurostat, Bce e Confindustria rischia di frastornare. Per entrare ‘’dentrolecose’’ con un pizzico
di sintesi si può dire che i segnali positivi si rafforzano, ma non c’è da suonare la grancassa della
ripresa. Basta leggere la prudenza con la quale l'Ue presenta le nuove stime (eccole).
Un vecchio ministro dell'Economia usava un parametro per valutare l'impatto dell'economia sul lavoro: solo con una crescita al 2% - sosteneva - si torna ad un aumento dell'occupazione. L’Italia, nonostante la retorica delle riforme, appare invece incapace di crescere a ritmi elevati. I rischi sono ancora tanti. E al momento a spingere consumi e investimenti è un po’ il ‘doping’ delle misure che il governo ha messo in campo - decontribuzione, superammortamenti - a danno della sostenibilità dei conti nel lungo termine. Padoan lo sa e per questo sta riducendo piano piano le dosi, come si fa con il cortisone.
Un vecchio ministro dell'Economia usava un parametro per valutare l'impatto dell'economia sul lavoro: solo con una crescita al 2% - sosteneva - si torna ad un aumento dell'occupazione. L’Italia, nonostante la retorica delle riforme, appare invece incapace di crescere a ritmi elevati. I rischi sono ancora tanti. E al momento a spingere consumi e investimenti è un po’ il ‘doping’ delle misure che il governo ha messo in campo - decontribuzione, superammortamenti - a danno della sostenibilità dei conti nel lungo termine. Padoan lo sa e per questo sta riducendo piano piano le dosi, come si fa con il cortisone.
Qualche
spigolatura può servire per avere qualche chiave di lettura. Sia Istat che
la Commissione europea confermano per quest’anno una crescita dello 0,9% dell’Italia. Il ministero
dell’Economia evidenzia sul proprio sito che si parla di due anni di crescita (ecco il testo) . Ma – bisogna dire – che crescere
è la normalità. Nessuno invece scommette
sul Pil a +1,6% nel 2016, come indicato dal governo. L’Istat si ferma a +1,4%,
e l’Ue a +1,5%. Certo le differenze sono sottili e sarà prudenza a guidare le
stime. Ma le analisi sono attente. Per l’Istat pesano le ‘’clausole di
salvaguardia’’ che il governo ha messo nella Legge di Stabilità e anche un
rallentamento del commercio internazionale. I timori della Cina vengono indicati anche
dall’ Ue e anche dalla Bce (ecco il bollettino).
‘’Il quadro economico è ancora incerto’’, dice il
presidente della Bce, Mario Draghi (ecco l'intervento) . Il ministero dell'Economia italiano evidenzia invece che migliorano i consumi e anche il ''credito'': ma anche questo è dovuto alla convenienza delle banche. Loro se lasciano il denaro nei depositi Bce devono pagare e , in parte, ma solo in parte, hanno riiniziato a fare credito.
Sul fronte produttivo Confindustria (ecco il testo)
fornisce le proprie indicazioni segnalando che l'industria manifatturiera
"ha cominciato a risalire la china" , "non si tratta di una
falsa partenza" ma ‘’il passo è ancora lento e assai disomogeneo’’. Gli
industriali – con il loro linguaggio - battono cassa: chiedono ‘’urgenti scelte
politiche’’ soprattutto nel Sud. A guardare i dati dell’Istat appare chiaro che
le imprese sanno ben approfittare degli interventi in loro favore scelti dal
governo. Gli investimenti – stima l’istituto italiano di statistica – quest’anno
saliranno dell1,1%, il prossimo del 2,6%, nel 2017 toccheranno il 3%. Questo
grazie al supersconto previsto dal governo che ha potenziato la possibilità di
fare ‘’ammortamenti’’ a fronte di investimenti per le imprese che, di fatto,
mettono 100 e prendono 140 in sconto fiscale sul loro imponibile. E’, come la
decontribuzione per gli assunti, un ‘’doping’’ per l’economia italiana. Facile prevedere
il contraccolpo quando questo ‘aiutino’ finirà.
Per dare questi
sconti il governo ha chiesto all'Ue di sforare i conti più del previsto. Credo
fosse doveroso (magari calibrando le scelte su detassazioni che spingono la crescita). Ma su questo va segnalato l'allarme suonato della Bce che l'ha scritto nero
su bianco nel proprio bollettino. La flessibilità Ue – scrive con un
riferimento chiaro all’Italia – “deve essere utilizzata con cautela per
preservare la sostenibilità di bilancio" e "rischia di essere
controproducente" rendendo il pareggio di bilancio un "obiettivo che
si sposta nel tempo". L'immagine è chiara: è quella di bersaglio che si sposta sempre più lontano in quello che sembra un gioco da cortile.
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