Il pallottoliere ottimista di Renzi alla prova dei fatti. Def by Def, il fact checking non gli da ragione




    Il premier Matteo Renzi ha alzato le spalle alle critiche avanzate da Bankitalia, Corte Conti e Upb (l’autorità indipendente dei conti pubblici) sulle previsioni contenute nel Def ed ha lanciato un guanto di sfida. Essendo previsioni glielo dico tra un anno chi ha ragione - ha detto ai giornalisti che lo incalzavano sulle critiche delle altre istituzioni - l'ultimo anno siamo stati piu' prudenti della realta' ed e' andata meglio. E comunque stiamo parlando di decimali di differenza e tutte le volte in questo periodo arriva puntuale la stessa solfa, come le occupazioni studentesche’’.
   
    Ma al fact checking delle previsioni stilate dal suo governo Renzi ha già perso la sfida.

    Dal 22 febbraio, da quando ha giurato con il nuovo governo al Quirinale, le stime stilate dal governo un anno per l’altro non hanno mai trovato corrispondenza nei fatti: il Pil - se le previsioni si fossero avverate, dovrebbe chiudersi quest’anno all’+1,6% (ma sarà a quota +0,8%) il deficit dovrebbe essere allo 0,9% (mentre viaggia a +2,4%) e il debito essere sotto quota 130%, mentre si prevede ora un 132,8%. Il pareggio di bilancio (che si calcola con il deficit netto strutturale, un’altra grandezza poco nota al grande pubblico ma di grande importanza nelle valutazioni di Bruxelles), avrebbe dovuto concretizzarsi con uno 0,1% (il cosiddetto close to balance) nel 2015 invece, ora arriverà, con  uno 0,2%  solo nel 2019: quattro anni più tardi.

      Di un certo interesse, per una ricostruzione veloce delle stime del governo, sono gli ‘’incipit’’ dei Def del 2014 e del 2015. Il Def 2014: ‘’la fase recessiva, iniziata in Italia nella seconda metà del 2011, si è sostanzialmente chiusa nel terzo trimestre del 2013’’. Il Def 2015: ‘’L’economia Italiana nell’ultimo trimestre del 2014 è uscita dalla recessione’’.  Per nota di cronaca il Pil reale 2014 si è chiuso a -0,4%.

      A parlare sono soprattutto i numeri. Ecco allora in tre tabelle la progressione delle previsioni fatte dal governo nel Def, il documento di economia e finanza del 2014, 2015 e 2016, solitamente presentati attorno ad aprile dello stesso anno, con la nota di aggiornamento del Def 2016 appena inviata in parlamento


    Il Pil:  Le previsioni di avere da subito il vento in poppa si sono man mano ridimensionate. Ad aprile 2014 il governo Renzi nei suoi primi due mesi, puntava a chiudere l’anno a +0,8%. Il dato reale (scritto tra parentesi) è stato di una contrazione dell’economia dello 0,4%. Così il +1,3% ipotizzato per l’anno successivo si è invece contratto a +0,7%: bisogna dire che in questo caso il Def dell’aprile 2015 aveva centrato la stima, che però a settembre era stata aggiornata dal governo che l’aveva portata a +0,9%, mancando quindi l’obiettivo previsionale.


Stima Pil 2014
Stima Pil 2015
Stima Pil 2016
Stima Pil 2017
Def 2014
+0,8
+1,3
+1,6
+1,8
Def 2015
+0,4
+0,7
+1,4
+1,5
Def 2016
(-0,4%)
+0,8
+1,2
+1,4
nota aggior.  Def 2016

(+0,7)
+0,8
+1,0
  

 Il deficit: Il deficit è in pratica il ‘’rosso’’ dei conti pubblici che lo Stato accumula anno per anno. Nelle regole europee deve stare tassativamente sotto il 3% ma deve tendere allo zero. L’Italia si era impegnata ad una riduzione di mezzo punto l’anno. Poi però sono arrivati criteri di flessibilità. Ogni punto di deficit, infatti, vale circa 16 miliardi, ogni decimale 1,6 miliardi.
    Non ridurre il deficit ha due effetti contrari. Il primo, a breve, è positivo: si hanno maggiori risorse per promuovere misure per far crescere il Paese. Il secondo è negativo: si aumentano i conti in rosso che prima o poi bisognerà restituire e, visto che ci si era impegnato a migliorarli, si perde di credibilità non solo verso i partner europei, ma soprattutto verso i mercati (che poi la fanno pagare sui tassi di interesse che lo Stato deve riconoscere su Bot e, Btp). Il governo Renzi ha lasciato correre il deficit nel 2015, soprattutto per azzerare l’Imu sulle prime case, e conta di fare lo stesso quest’anno e il prossimo




Stima deficit 2014
Stima deficit 2015
Stima deficit 2016
Stima deficit 2017
Def 2014
2,6%
1,8%
0,9%
0,3%
Def 2015
3,0%
2,6%
1,8%
0,8%
Def 2016
3,0%
2,6%
2,3%
1,8%
nota aggior.  Def 2016

2,6%
2,4%
2,0%  (+0,4)
  
Il debito:  E’ la montagna di debiti che si sono via via accumulati nel corso degli anni. Il trattato di Maastricht prevede che debba scendere al 60% del Pil. Le ultime regole, quelle del Fuscal Compact, stabiliscono una rapida discesa alla quale l’Italia si era impegnata. Non è stato e non sarà così. La quota del 100% del Pil (che significa avere un debito pari alla ricchezza prodotta in un anno) è ancora lontana. La crescita del Pil non produce nulla di positivo. Due sono gli effetti davvero negativi: uno a breve e uno nel lungo termine. A breve l’aumento del debito comporta maggiori interessi da pagare e quindi si traduce in maggiori tasse e si bruciano risorse che potrebbero essere usate altrimenti. Nel lungo termine si scarica il costo della gestione attuale dello Stato sui propri figli, sulle generazioni future. Su questo punto gli impegni del governo non sono mai stati rispettati e anzi, il ritornello che il debito stava calando, non ha trovato riscontro nei fatti. Salirà anche quest’anno.




Stima debito 2014
Stima debito 2015
Stima debito 2016
Stima debito 2017
Def 2014
134,9%
133,3%
129,8%
125,1%
Def 2015
132,1%
132,4%
130,3%
127,2%
Def 2016
132,5%
132,7%
132,4%
130,9%
nota aggior.  Def 2016

132,3%
132,8%
132,5%
  





  



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