L'Italia-lumaca e l'Iceberg della 'manovrona' di ottobre



  

    L’Italia rimarrà anche nel 2017 con una crescita zerovirgola. L’Ue stima per quest’anno un Pil in progresso dello 0,9%, senza alcuna accelerazione rispetto allo scorso anno. Il Paese invece dovrà affrontare i nodi rinviati dei conti pubblici. Già perche’, mentre tutti sono distratti da un dibattito sterile sulla manovrina da 3,4 miliardi di euro, basta allungare lo sguardo per vedere un vero e  proprio iceberg all'orizzonte.  A ottobre, quando il governo varerà la prossima legge di Stabilità, dovrà trovare 19,5 miliardi, per sminare le clausole di salvaguardia. In pratica se non si troveranno risorse per pagare le misure già introdotte con l’ultima manovra scatterà un doppio aumento dell’Iva: l’aliquota del 10% salirebbe al 13%, quella del 22% al 25%. E allora addio consumi, addio crescita.

      L’ITALIA AL RALENTI, GLI ALTRI CORRONO IL DOPPIO. Le stime dell'Ue, che apparentemente migliorano le precedenti previsioni sull'Italia, sono impietose se si guarda ad un confronto europeo. Quest’anno - dicono gli economisti di Bruxelles - l’Italia crescerà la metà degli altri Paese: al +0,9% italiano si contrappone il +1,6% della Germania il +2,3% della Spagna, il +1,5% del Regno Unito (alle prese con la Brexit), il +2% dell’Olanda, l’+1,4% della Francia. Non serve molto per spiegare che se gli altri corrono di più significa che l’Italia continua a perdere competitività internazionale.
     
       LA CRESCITA CHE NON DECOLLA: Il raffronto con gli altri è drammatico, ma la lettura dei dati europei sulla crescita italiana non migliora molto se la si guarda nello sviluppo degli anni. Lo scorso anno il Pil tricolore, secondo l’Ue, dovrebbe attestarsi a +0,9%, in rialzo rispetto alle ultime stime dello 0,8%. Bisogna ricordare che il governo Italiano inizialmente prevedeva di più, poi le cifre si sono ridotte con la verifica reale dei dati. Per sapere davvero come va a finire bisognerà comunque aspettare i dati dell’Istat in arrivo con una primo calcolo già domani.
    Ma - e questo preoccupa - il dato non cambia nel 2017. La crescita rimane inchiodata al +0,9%. Sempre uno zerovirgola. Questo significa che la manovra adottata con la Legge di Stabilità, quella con la forte riduzione delle tasse per le imprese (l’Ires e l’Irap) ma anche l’arrivo di molti bonus (da quello per i diciottenni alle novità per le ristrutturazioni) non ha dato l’impulso all’economia che si sperava. Bisogna poi ricordare che, per quella che doveva essere una manovra anticiclica, il governo ha utilizzato 12 miliardi di maggior deficit per il quale ha duellato a lungo con Bruxelles. Ma così, senza ottenere risultati, ha lasciato un fardello sul futuro e, a conti fatti la crescita, non è decollata. Detta così sembra una cosa astratta ma non lo è. Senza crescita non aumentano i posti di lavoro. E questo impatta sui cittadini in modo più che concreto.

     MANOVRINA E MANOVRONA: Il confronto dialettico con l’Ue, ma anche all’interno dell’Italia tra Renzi e Padoan, è ora concentrato sulla manovrino da 0,2 punti di Pil che Bruxelles ha richiesto all’Italia. Se ne parlerà anche oggi alla direzione del Pd. Si tratta di 3,4 miliardi che il governo intende raccogliere con risparmi di spesa, lotta all’evasione e un aumento (minimo) delle accise su benzina e sigarette. Il nodo politico è questo: Renzi, che è l’azionista di maggioranza del governo come segretario del Pd, vuole andare alle elezioni senza aver aumentato le tasse, ma rivendicando anzi di averle ridotte per 23,5 miliardi dal suo arrivo a Palazzo Chigi (dagli 80 euro in busta paga per i redditi medio-bassi all’Imu-Tasi, dall’iris all’Irap per le imprese).
    Il dibattito ha però lo sguardo cortissimo. Una parte delle misure (quelle sulle imprese) sono state adottate in deficit sul 2017 e lasciando per i due anni successivi 42,7 miliardi di aumenti Iva (sotto forma di clausola di salvaguardia) da disattivare. La legge di Stabilità del 2018 parte con oltre 19 miliardi da trovare per evitare aggravi fiscali e, in questo contesto, la promessa di ridurre l'Irpef, fatta fino a non molti mesi fa, appare davvero un fuoco fatuo. E’ questo il vero iceberg per i conti italiani e anche per il governo che sarà in carica in quel momento, un'eredità avvelenata che potrebbe far arrabbiare i cittadini.

     Ecco, forse, spiegato perché si vuole andare alle elezioni prima. 

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