La favola di Bernake e il mutuo. Senza posto fisso la banca dice no. Meditate gente, meditate...
(di Corrado Chiominto)
La
precarietà non paga. Anche se è milionaria. L’ultimo a scoprirlo e’ stato Ben
Bernanke, non uno qualunque. E la cosa – mentre si discute di art.18 - fa
pensare.
Meno di un anno fa Bernanke era il potente
presidente della Federal Reserve, la banca centrale Usa, in pratica il Draghi d’America.
Insomma era lui a determinare le modalità per i prestiti delle Banche. Ora
invece – ‘’perso’’ il lavoro – è stato vittima delle stesse regole fissate per
evitare che i prestiti rimangano poi sul groppone dei già affannati istituti di
credito. Ha così sperimentato sulla propria pelle i rischi e i costi della
stretta creditizia.
La storia e’
semplice. Bernanke ha lasciato il ‘’lavoro’’ di presidente della Fed e ora e’
un conferenziere strapagato. Da noi si direbbe che è un ‘’lavoratore autonomo’’.
Non ha più lo stipendio fisso, anche se è più ricco. Poi, ha avuto la ‘sfortuna’
di comprare una costosissima casa che ora, con la contrazione dei prezzi
immobiliari, ha perso di valore. Così, quando ha chiesto di rinegoziare il
mutuo alla propria banca, non è rientrato nei criteri che lo rendevano
possibile. E’ vero guadagna 250.000 dollari ogni volta che tiene un discorso ma,
con una evidente miopia creditizia, risulta ora essere un soggetto a rischio in
base a tre insidiosi ‘alert’ bancari: ha perso il lavoro da poco, non ha un reddito fisso
e la sua casa vale anche meno di quanto l’ha pagata allora.
Se fosse un racconto
di Esopo ci sarebbe l’ultima riga dedicata al ‘morale della favola’. Eccola.
Morale
della Favola: ”Se hai perso il posto di lavoro (ecco gli ultimi dati dell'Istat sulla disoccupazione in Italia) o non hai la sicurezza di un posto fisso (il testo del jobs act all'esame del Senato) avrai sicuramente
difficoltà a programmare l’acquisto di una casa e a costruire una famiglia”. Il
consiglio, ovviamente, non può essere quello di rivolgersi ad uno strozzino
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