Giornalisti e sindacato. Servono lavoro e reddito. Non si pensi a poltrone ma a risparmi
(di Corrado Chiominto)
Non ho un solo sogno. Ne ho più di uno.
Lo dico pensando al sindacato dei giornalisti, la
Fnsi che questa settimana sceglie a Chianciano il proprio segretario
generale e che, al momento, mi appare sprofondato nel confronto su
seggiole e poltrone.
Certo, le persone sono importanti. Ma per me i contenuti lo sono di più.
Più che rottamazione vorrei parlare di
innovazione. Ecco provo allora a indicare quello che mi aspetto da un
sindacato dei giornalisti.
Ecco, allora, provo a contare i miei ‘sogni’: 1, 2, 3, 4...stop
1) Favorire l’occupazione, favorendo la stabilizzazione delle nuove forme di giornalismo.
E’ la sfida principale. E non solo perché il dilagante
lavoro nero, con colleghi giovani sottopagati e senza speranze sul
futuro, fa bruciare lo stomaco e richiede un’attenta gestione del
confronto con gli editori e la capacità di creare nuove forme di
stabilizzazione di un mondo in profonda evoluzione. Ma perchè senza giovani, anche gli anziani non hanno futuro.
Favorire
‘nuovi ingressi’ nel mondo dell’informazione serve per evitare che salti l’intero sistema di welfare della categoria.
Vogliamo
ricordare gli ultimi dati dell’Inpgi, nella quale ha causa della crisi e
dell’uscita dal lavoro di molti colleghi ormai il valore delle
pensioni erogate (oltre 444 milioni di euro)
supera di quasi 100 milioni di euro all’anno gli introiti derivanti
dai contributi correnti ( 352 milioni)? E’ uno squilibrio esorbitante.
Ma tensioni ci sono anche sui Casagit: i contributi sono calati di circa
4 milioni in quattro anni (e Casagit sta già
agendo percorrendo anche nuove strade). Il calo dei contributi e’
dovuto per una parte alla riduzione degli iscritti, per l'altra al costante
depauperamento del salario medio. E questo è il ''sogno'' successivo.
2) Dare valore al lavoro, senza aver paura di pronunciare la parola reddito.
Il lavoro dei giornalisti vale meno. O, almeno, viene pagato meno.
Gli ultimi contratti per i giornalisti sono stati di ‘’tamponamento’.
Su molti istituti si e’ andati al ribasso. Ogni piccolo varco lasciato
agli editori si è trasformato in un vero dissanguamento per i colleghi.
Gli ultimi rinnovi contrattuali hanno recuperato solo in parte l'aumento del costo della vita. Dai dati di Casagit
è possibile calcolare che in sei anni, tra il
2007 e il 2013 il salario medio si e’ ridotto del 3,57% e la perdita di
potere d’acquisto, considerando l’inflazione, è stata del 15,7%.
Ma anche i salari
d'ingresso, alla faccia della retorica della stabilizzazione dei
precari, sono sempre più bassi e formano un mix micidiale con i nuovi
meccanismi che frenano le progressioni salariali e le carriere.
Ecco due dati: nel 2009, i neo assunti guadagnavano circa 24.000 euro;
nel 2012, invece, il loro reddito è sceso a 18.000 euro. Per arrivare
alla soglia dei 30.000 euro – che in chiave Casagit è il reddito che
permette di pagare il contributo minimo – ci vogliono
anni.
Allora bisogna non aver
paura di chiedere aumenti salariali. Anche perché gli editori ne sanno
una più del diavolo. Risparmiano su domenicali, trasferte, straordinari,
premi. Tanto lo si trova sempre uno ‘schiavetto’
che lavora per 2 o per 3, magari con il miraggio della carriera.
3) Fare Spending review sui costi del sindacato, facendo pulizia e trasparenza enla gestione economica. Voglio un sindacato snello che sappia risparmiare e
rendere conto con trasparenza delle proprie spese. Ci è stato spiegato
che dovevamo trangugiare l’ultimo contratto perché è il contesto che lo
richiede. Il contesto, però, richiede anche altro.
Ma non li leggete i giornali che parlano di spending review e di costi
della politica? Perché non dovrebbero riguardare anche il sindacato dei
giornalisti? La Casagit, per dirne una e per fare riferimento ad un ente
che gestisce anche i contributi di chi non
è iscritto alla Fnsi, ogni anno contribuisce con oltre 2 milioni di
euro alle casse del sindacato. Una metà vanno a pagare i servizi che le
associazioni locali svolgono per il ritiro e la lavorazione delle
pratiche di rimborso, l’altra metà al sindacato nazionale
per il ‘servizio’ che svolge di rinnovo del contratto. Poi c’è l’Inpgi
che da almeno altrettanto.
Ecco. Si deve spendere di meno,si deve dare
di più.
4) Un sindacato di servizio, che ‘studi’ il futuro. E’ il capitolo del ‘’dare di più’’. Penso che un
sindacato debba sapersi finanziare con il tesseramento e con i servizi
che rende. Deve saper dare assistenza fiscale (avendo un proprio Caf) e
contributiva. Deve saper affiancare concretamente
start up e suggerire quali possono essere i ‘giornalismi’ del futuro. E
per questo serve un centro studi che stia sul pezzo, sappia guardare
ai cambiamenti del mercato e comprenda quali sono gli effetti sul
reddito ed sugli enti della categoria. Sarebbe già
molto. Ma si può immaginare anche oltre.
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Il Congresso di
Chianciano saprà dare risposte? Non mi piacciono i disfattisti, ma
talvolta mi si insinuano nella testa tarli insidiosi. Di fatto i giochi sembrano
già finiti ma, almeno al momento, il confronto sui contenuti
appare scarsissimo. E non si può nascondere che
il congresso si celebra con due importanti vulnus: a) manca
completamente la delegazione Campana che, dopo problemi giudiziari
legati a vecchie gestioni dell’associazione locale, non ha
completato in tempo il processo di nascita di un nuovo soggetto
sindacale locale da associare alla Federazione nazionale. b) la
componente di Puntoeacapo ha scelto di uscire dalla Fnsi ma nel Lazio
(cioe’ nella regione con il più alto numero di colleghi)
ha dimostrato di avere la titolarità di
rappresentanza di molti giornalisti. Basta guardare le ultime elezioni
Casagit nelle quali ha contributo a formare una lista di colleghi di
qualità, che hanno scelto di correre senza altre correnti
ed hanno ottenuto un successo schiacciante.
Insomma, non so se sarà un congresso afono, ma qualche voce mancherà sicuramente. Io invece vorrei un sindacato con una voce forte, chiara e cristallina. Troppi sogni...
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