(di Corrado Chiominto)
Le regole non si toccano: men che mai la soglia del 3% di deficit.
Ma è ora possibile maggiore flessibilità sulle modalità da seguire per i calcolare lo sforamento dei
conti e per l’iter che deve portare al pareggio di bilancio: se la crisi incalza l'aggiustamento annuale del deficit strutturale scende da 0,5 punti a 0,25.
L'Ue cambia strada. E, anche se non è un'inversione a U, certo la strategia
seguita dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nel semestre italiano ha fatto centro.
Il ‘tabù’ della flessibilità è stato infranto.
La Commissione europea ha tracciato le linee guida per ‘interpretare’ la
flessibilità prevista all’interno del patto di stabilità (ecco i due documenti). E il risultato, così
come era auspicato fin dall’inizio – al di la del dibattito sterile che i media
hanno fatto sul rispetto o meno delle regole del patto – è forse andato anche oltre le più rosee
prospettive: non solo si da più tempo ai Paesi alle prese con le riforme, un
risultato forse raggiunto già ad ottobre, ma non si considereranno nel deficit gli
investimenti cofinanziati dalla Ue, almeno fino al tetto del 3%.
Agli osservatori attenti era chiaro già a
luglio che l’Italia e in particolare Padoan - che conosce bene le regole che
guidano i confronti internazionali visto che viene dall’Ocse – non avrebbero
chiesto ‘’deroghe’’ e non avrebbe fatto alcun braccio di ferro con l’Ue. E che solo così sarebbe riuscito nell'obiettivo di un Patto più intelligente.
L’idea (vedi il blog Dentrolecose del 4 luglio 2014, su ‘’CarloPadoan alla ricerca del ''Sacro Graal'' della flessibilità possibile’’) era
quella di fare un passo alla volta, con una logica di progressività, per
portare il confronto ad una conclusione
che – nonostante i mal di pancia mostrati per ragioni elettorali dai tedeschi –
sembrava inevitabile. E sulla quale il ministro dell’Economia italiano aveva
già cercato e trovato sintonie con il suo collega tedesco Schaeuble.
Nel confronto collettivo si è partiti dall’analisi delle esigenze dell’Europa.
Che poi sono quelle di una ‘’crescita sostenibile’’ e di una ‘’maggiore
occupazione’’, soprattutto sul fronte giovanile. Due temi che gli osservatori –
ad iniziare dalla Bce – hanno considerato legati alla carenza di investimenti e
alla necessità di riforme per migliorare il mercato del lavoro e rendere più efficiente
la macchina pubblica (Come il presidente Bce Mario Draghi ha detto a JacksonHole indicando la strada stretta della flessibilità).
Una
volta trovato l’accordo su questi temi si è passati al secondo punto: ‘’Cosa si
può fare per affrontare questi punti senza però scardinare le regole che
reggono l’Unione Europea?’’. E’ stata questa la fase più difficile, arrivata
proprio mentre i Paesi presentavano gli aggiornamenti dei propri conti pubblici
e la vecchia Commissione Europea lasciava il passo alla nuova.
Ma la strategia scelta aveva una logica a tenaglia, più che razionale. Così, senza affrontare casi singoli - e non è stato facile visto le polemiche che sono seguite agli aggiornamenti dei conti di Italia e Francia - si
e’ arrivati alle nuove linee guida sulla flessibilità tracciate dalla
Commissione Europea. Il ‘’Sacro Graal della Flessibità possibile’’, seppure con
qualche limite, è stato raggiunto. Indiana Jones-Padoan può ora dire ‘missionecompiuta’ (ecco la nota del Tesoro). Anche se – vale per i conti pubblici così come per la vita – gli
esami non finiscono mai.
Commenti
Posta un commento