Le 'Constructive news', una nuova tendenza: il giornalismo come impegno per costruire il futuro
(di Corrado Chiominto)
I vecchi del giornalismo insegnavano che
per vendere bisognava seguire la legge delle tre S: sangue, sesso, soldi. Il concetto non cambia molto se ci si sposta negli Stati Uniti dove impera un altro slogan cinico: ‘’if it bleeds
it leads”. E' un detto che tradotto suonerebbe più io meno così: ‘’se sanguina fa più notizia’’ e quindi
più una informazione è drammatica (o viene drammatizzata), più attira
l’attenzione, più capeggia (leads) rispetto alle altre notizie.
Sono
regole antiche di un mestiere artigianale che sta cambiando in grande fretta e nel quale anche i punti di riferimento tramandati tra cronisti dovrebbero non essere più quelli del passato: l’informazione è diventata sempre più scandalistica e violenta (si nutre di dettagli talvolta irrispettosi delle vittime), ma anche più superficiale. Nonostante questo, come dimostrano gli ultimi dati sulle
copie dei giornali vendute, i lettori non aumentano. Anzi. Sembra che
l’informazione fast food che alimenta soprattutto i siti web abbia iniziato a
risentire di una sorta di effetto ''Al Lupo!!!'', per la quale strillare fa sempre meno effetto.
Una via d’uscita, che parte dall’analisi
della titolazione dei grandi media internazionali e porta anche esempi di
innovazione che hanno fatto guadagnare copie, è quella suggerita da una nuova tendenza promossa dal giornalista
danese Ulrik Haangerup che ha raccolto in un libro la sua esperienza su quelle che lui stesso definisce ‘’Constructive News’’: le notizie costruttive. Che, è meglio spiegare subito, non hanno niente a che fare con un giornalismo
agiografico, che racconta una realtà inventata, frutto del suggerimento del
politico di turno. Nemmeno con quel giornalismo, praticato in Italia, della velina del
potente di turno che arriva in serata, così da non poter essere verificata.
Haangerup è il direttore delle new della
Danish Broadcasting Corporantion, di fatto il servizio pubblico televisivo
della Danimarca. E questo deve aver influito nella capacità di trovare un
approccio informativo che non sia solo ‘’di mercato’’, ma anche e soprattutto
deontologico. Ma il libro, che è possibile anche ordinare sul web alla pagina
"Constructivenews.eu", non nasce dalla sollecitazione di un politico (non so
perché viene in mente la lottizzazione della Rai) ma dalle osservazioni di una
studentessa alle prese con un compito assegnatole per casa, definito ‘’mortale’’ ed
estremamente ‘’depressivo’’: quello di leggere un intero quotidiano ogni giorno
per un’ intera settimana. E al suo interno dimostra anche che un diverso approccio ''paga'', in termini di copie vendute.
Dopo
un prima difesa del ruolo del giornalista, che ‘deve’ raccontare quel che
accade, Haangerup è passato all’analisi dei titoli del proprio telegiornale e
dei quotidiani della settimana. Poi a quelli della Cnn e della Bbc. Il libro
riporta gli esempi. Il mondo descritto dai media appare talovolta surreale,
decisamente negativo. Poco equilibrato nel raccontare la realtà, molto più
attento al contesto, molto più al dettaglio truculento o scandalistico. Credo che per questo non ci sia bisogno di ricordare i titoli che nelle ultime settimane hanno caratterizzato i quotidiani italiani.
Da qui a comprendere che l’informazione
può essere anche altro il passo è facile.’’La civiltà occidentale spiega l’ex cancelliere tedesco Helmut
Schmidt nella prefazione al libro – è diventata una democrazia della
comunicazione, dove spesso i media hanno più influenza dei politici. Spesso i
media si concentrano sulle cose negiative e superficiali, forze perche’ credono
che sia quello che la gente vuole e il modo per fare soldi. Ma le conseguenze
sono molte e severe: primo, le persone si fanno una falsa immagine della
realta, secondo l’occidente soffre di una mancanza di leadership: le
‘democrazie dei media’ non producono leader ma populisti. Silvio Berlusconi
viene in mente quando uno pensa ad uno pensa ad un esempio di populismo
prodotto dalla democrazia dei media’’. L’idea di Twitter che tutto possa esser
chiudo in 140 caratteri produce certamente l’illusione che tutto possa essere
semplicato – scrive ancora Schmidt – e questa superficialità dei media
influenza la politica.
Haangerup propone una sua ricetta. Non
facile, che sembra portare il giornalista ad un maggiore impegno di ‘scavo’, ad
una ricerca di chiavi di lettura non sempre facili, ma corrette e complete.
E che richiede consapevolezza del ruolo che il giornalista ricopre nella società. Con qualche
esempio dimostra anche che la nuova
chiave di lettura interessa le persone. ‘’Una buona storia – è lo slogan – non
deve essere per forza una cattiva storia’’.
Non per questo il giornalista
deve abdicare a raccontare ciò che non va. Deve però puntare anche a trarre
conclusioni, suggerire soluzioni, magari attraverso confronti e analisi. Un approccio diverso, che richiede impegno e coscenza civile. Non superficialità e facili scorciatoie. Ecco i "parametri" per misurare un "giornalismo costruttivo"
Difficile dire se questa sia una nuova
strada da percorrere. Certo che fa pensare un recente sondaggio realizzato da Valigia
Blu, uno dei new media più attenti a sperimentare le nuove strade di fare
giornalismo dal quale è emerso che i cittadini pagherebbero per una informazione approfondita, indipendente, trasparente. E che vorrebbero inserire di diritto nel buon giornalismo anche quello con le buone notizie. Alla domanda ‘’quali notizie vorresti fossero trattate di più?’’
rispondono mettendo al primo posto di diritti civili e sociali, al secondo
l’Unione Europea, al terzo la legalità e al quarto (con un 24,4%) le ‘storie
positive’. Seguono le notizie su ambiente e lavoro. Per comprendere meglio
bisogna anche vedere ‘’quali notizie vorresti fossero trattate di meno?’’. Al
primo posto, con grande distanza, il sondaggio spiega che si rinuncerebbe volentieri a notizie di Gossip
(78,5%) seguite da quelle sulla politica di palazzo (39%), sulla religione (36,5%) e sulla televisione e altri media
(31,5%). E’ forze per questo che nascono, e si espandono anche sui social, siti
come Italian Good News, rigidamente in inglese e rivolto ad un pubblico
internazionale.
Ma il terreno preferito di un'informazione sempre più spettacolo è quello della politica, sempre più attenta ai retroscena che ai fatti reali, al contesto. Basta pensare a come sono state trattate le polemiche riguardanti Roma Capitale. L'informazione ha seguito con attenzione il travaglio del sindaco, le denunce ‘interessate’ dei quotidiani di altre capitali, i riflessi sulla politica nazionale. I temi reali – cioè i servizi resi alla città, la pulizia delle strade, la concreta attuazione di delibere adottate, il possibile recupero dei soldi rubati – sono apparsi solo gli ingredienti per raccontare la storia principale che sembrava interessare ai media: cioè i risvolti di palazzo.
Come avrebbe dovuto comportarzi ‘constructive journalism’? Probabilmente indagare sull’utilizzo e sull’entità delle risorse a disposizione della ‘Capitale’, promuovere proposte di intervento (sulla spazzatura guardando agli esempi delle grandi capitali straniere, ma anche a quelli più nostsrani di ….) , sollecitare l’impegno di cittadini per una città migliore (dando notizia di iniziative di gruppi). L'informazione avrebbe dovuto sottrarsi ad un dibattito tra schieramenti pro o contro il sindaco e andare ai fatti. Tra questi, magari, anche non ignorare che Roma, seppure vituperata e sporca, rimane anche nel 2015 al settimo posto tra le mete più desiderate al mondo per i viaggiatori che utilizzano Trip Advisor. E che di certo rimane il più grande volano turistico del Paese, da valorizzare.
''Se i media mostrano solo la parte oscura - ha detto recentemente Arianne Huffington - abbiamo fallito il nostro lavoro''. E già qualcuno ha iniziato a declinare diversamente alcune delle regole base del giornalismo, alle cinque "w", per dare un'informazione completa, bisognerebbe aggiungerne una sesta: oltre a Who (chi), What (cosa), Where (dove), Why (perchè) e When (quando) bisognerebbe aggiungere: "What now?"- "Cosa fare ora?"
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