Il potere senza casa, Draghi e i politici come lo yogurt


 
    A.A.A. potere cerca casa. L'Italia è impegnata in un importante trasloco istituzionale, riposizionando le garanzie, i pesi e i contrappesi, voluti dai costituenti dopo il devastante ventennio fascista. Le nuove norme costituzionali, approvate in prima lettura a Palazzo Madama, di fatto depotenziano il Senato consegnando il Paese alle scelte di una sola Camera, che a sua volta, se l'Italicum sarà approvato, potrebbe essere eletta con una legge in grado di dare la maggioranza assoluta ad un solo partito.

    L'Iter è lungo e richiede ancora almeno tre passaggi parlamentari e un referendum popolare. Ma poi saranno necessari a cascata altre modifiche. Qualche esempio? Perchè prevedere l'avvio della Legge di Stabilità a metà ottobre se l'iter si limita ad una sola Camera? E poi: tolta la possibilità di  'ripensamento', che nasceva dal meccanismo di ''correzione''  insito nell'iter bicamerale, bisognerà rafforzare i regolamenti parlamentari per rafforzare il ruolo di check and balance degli uffici bilancio o  della Ragioneria. Non è lana caprina: solo recentemente il governo ha potuto correggere grazie all'iter bicamerale alcune norme sul pensionamento degli insegnanti del decreto Pa che, approvate senza copertura, avrebbero impedito l'ok del Quirinale.

    Ma, tornando all'analisi del potere che cerca casa, le novità istituzionali consegneranno l'Italia al rischio di una deriva autoritaria? Certo il Paese appare ancora come un bambino alla ricerca di una guida forte, salvifica, nella quale immedesimarsi, nel bene e nel male. E' forse nata anche in Italia una nuova forma di governo che, Ilvo Diamanti definisce 'democrazia personale' ed Eugenio Scafari 'egemonia individuale'. Così è stato con Berlusconi - con evidenti distorsioni dovuta al forte controllo del sistema dell'informazione, una violazione di regole e una insistente creazioni di leggi ad personam, che ora saranno lavoro per storici. Così è stato con Monti. Così è ora con Renzi.

    Ma il potere nell'Italia del 2014 è cosa più complessa della semplificazione di un uomo solo al comando. Anche gli italiani più smemorati non possono non ricordare la lettera della Bce, inviata a Berlusconi-Tremonti, che ha inciso pesantemente sulle politiche italiane degli ultimi anni, ma che aveva l'obiettivo di far uscire l'Italia dalla tempesta speculativa che rischiava di far saltare i conti italiani e mettere a rischio l'Europa. I mercati, e la Bce come authority di controllo del sistema bancario europeo, fanno parte del sistema di potere, incidono sulle scelte. Nessun governo può prescindere dai suoi possibili giudizi.

      C'è poi il ruolo dell'Unione Europea, fortissimo nel coordinamento dei conti pubblici necessario per mantenere una moneta comune. L'Italia, come prevede l'articolo 11 della Costituzione, ha deciso su questo una chiara cessione di sovranità, che ci impone di abbattere il debito pubblico e ridurre il deficit dalla soglia insuperabile del 3% a quel pareggio di bilancio che consentirebbe all'Italia di tagliare il debito senza vendere sul mercato i propri gioielli (dalle partecipazioni azionarie, agli immobili). I destini dell'Unione Europea e dei Paesi che ne fanno parte è oramai indissolubile. Non ha caso proprio oggi sul Wall Street Journal un editoriale spiega che ''i problemi dell'Italia sono i problemi dell'Europa''  (e quello della stampa di qualità è un altro potere che incide nelle scelte e nelle vite dei cittadini).  (l'analisi di Dixon sul Wsj)

     È in questo contesto che il presidente Bce Mario Draghi ha parlato della possibilità di cedere sovranità all'Europa anche per l'attuazione di progetti di riforme.(ecco cosa ha detto davvero Draghi) Ma nelle sue parole, strattonate a destra e sinistra per riempirle di significati, non c'era nulla di eversivo. Ha disegnato un processo per la realizzazione di un'Europa ancora incompiuta, che è unita solo tecnicamente da una moneta, dalle regole di bilancio e,ora, da una stretta regolamentazione bancaria. E per la quale saranno necessari ulteriori passi in avanti, che richiedono ovviamente ulteriore cessione di sovranità, di potere.

      Ma l'ha fatto da banchiere. Non certo ipotizzando politiche di sviluppo e di coordinamento politico, ancora mancanti (basta guardare alle difficoltà di esprimere una politica estera comune). SuperMario ha invece  fatto riferimento alla necessità di creare una politica comune del mercato finanziario, della produzione, della legislazione del lavoro: tre tasti su cui da sempre battono i banchieri centrali in chiave di liberalizzazione non certo neutrale. Ma l'Europa da costruire dovrebbe guardare anche all'istruzione, al welfare. E perché no, alle politiche per la famiglia e l'ambiente.

     Il governo di un Paese, insomma, ora non può prescindere dal fatto che la sovranità è oramai fatta da un faticoso e continuo confronto tra livelli di governance, da quelli sovranazionali a quelli locali (perché non bisogna scodare Regioni e enti locali, anche loro in grado di incidere sulla vita e sulle tasche degli italiani). E, inoltre, non può non tenere conto di fattori di forte influenza come la stampa libera e i mercati, ai quali si aggiunge ora anche la potenza dei social network, in grado di orientare ed anche organizzare l'opinione pubblica.

      Davanti ad un contesto nel quale il potere e' sempre più frammentato è evidente che il ricorso ad un governo del leader appare come un necessario bilanciamento di potere. Non ha caso i quotidiani hanno fatto ping pong tra le dichiarazioni di Draghi e quelle del premier Renzi che ha detto chiaramente al Financial Times che non si vuole far imporre l'agenda ne' dalla Bce ne' dal possibile arrivo della Troika (cioè degli ispettori di Bce, Ue e Fmi).

     L'anomalia è semmai dovuta al fatto che  Renzi non è stato eletto premier e nemmeno le elezioni europee possono essere considerate una 'sanatoria' a questo vulnus democratico. Ma la difesa del suo ruolo mi appare come doverosa per un leader giovane che vuole puntare a rinnovare il Paese e che, come dice, ci mette la faccia, si prende la responsabilità di fare scelte e di prendersi le colpe se sbaglia. Consola poi il fatto che Renzi, come ha detto agli amici scout, è cosciente che i politici sono come lo yogurt, hanno una scadenza. Nell'Italia dei potenti inamovibili non mi sembra una novità da poco. Starà a noi ricordarglielo.

Commenti

Post più popolari