La sindrome jap delle foto. Selfie ergo sum




     Clic... Clic... Self...self...
     Basta tornare indietro di qualche anno. Ricordo il corrosivo disincanto romano, che stronca con sufficiente superiorità i tic degli stranieri tra ruderi e santità. L'ironia sulle torme di giapponesi armati di macchina fotografica si sprecava a iosa. Facile. Sorridendo fotografavano tutto ciò che incontravano. Ma proprio tutto. Uh, guarda, l'edicola votiva! Clic. L'ombrellino sul gelato. Clic. Il tombino. Clic. Un'Ape-Car. Clic. Il salamino appeso dal droghiere. Clic, clic. Il cassonetto della spazzatura. Clic.

     La verità è che erano dei precursori. Basta frequentare oggi una qualsiasi località turistica per scoprire il giapponese che è in noi. Chissà, forse siamo stati contagiati in modo irrefrenabile, come accade con uno sbadiglio. Ma ora frotte di italiani fotografano tutto ciò che incontrano. Niente di artistico, s'intende. L'importante non è cosa si fotografa. Ma come lo si fotografa. In equilibrio su un muretto o coordinandosi faticosamente con la risacca del mare.

      In trattoria poi non si mangia nulla se prima non si è scattata la foto di rito sul piatto, che just in time va postato su Facebook o Instagram. Io, che sono più timido, la 'posto' solo sul Whatsapp collettivo della mia famiglia. La foto culinaria è forse la versione moderna dell'invito cristiano alla condivisione. Semplicemente, chi non condivide non è, o non fa. O forse è triste dentro. Solo che la foto succulenta ha l'effetto di suscitare, e lo si sa, l'acquolina in bocca di chi sta dall'altra parte dello schermo. È il nuovo egocentrico egoismo social.

     Che dire poi dell'apoteosi del selfie. È una forma di egualitarismo sociale, che unisce il Papa al carpentiere di Caltanissetta, Obama e la commessa di Ivrea. Selfie ergo sum. Ovunque trovi qualcuno con il braccio allungato a cercare di mettere nell'inquadratura il viso e un fondale a piacere. E deve essere una vera e propria epidemia incontrollabile se anche la National Gallery è capitolata, ha deciso di cedere sul divieto ai moderni autoscatto.

       Ma anche su questo punto i giapponesi devono essere molto, molto avanti. L'altro giorno ne ho visto uno a Fontana di Trevi. Aveva una prolunga telescopica del braccio. E scattava selfie che era una bellezza. Clic, clic, clic. Clic... Clic... Self...self...

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