La strada stretta della flessibilità. Draghi mette i paletti che voleva Padoan





   (di Corrado Chiominto per Dentrolecose)

     La parola chiave è “flessibilità”. Ne sentiremo parlare ancora, in modo asfissiante, per i prossimi tre mesi. Almeno fino a quando la nuova Commissione esprimerà i propri giudizi sui conti dei paesi europei. Ma, nonostante la forte volontà del semestre a guida italiana e la difficile congiuntura che ha fatto inchiodare la potente economia tedesca, non bisogna aspettarsi fuochi d’ artificio. La strada da percorre sarà stretta.  I paletti sono chiari: le regole non si toccano. Semmai, si attuano adeguandole alla realtà. Tradotto: il tetto al 3% del deficit rimane, dipende cosa utilizzi per arrivarci.

      Lo ha detto chiaramente il presidente Bce, Mario Draghi parlando a Jackson Hole davanti ai banchieri centrali. Ma la frase è la stessa che il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan ha pronunciato – lontano da orecchi indiscreti - quando, in un tour pre-semestre italiano, aveva incontrato i ministri dell’Economia dei principali Paesi. (guarda DentroLeCose del 4 luglio)‘’La flessibilità esistente all’interno delle regole già fissate può essere usata – ha detto Draghi - per attaccare la ripresa lenta e per fare spazio ai costi che servono per realizzare le riforme strutturali’’.

     Il presidente Bce ha messo questo al primo punto degli interventi pro crescita – prima di necessarie riduzione delle tasse e delle spese improduttive, prima di interventi sul mercato del lavoro che guardino non solo ai redditi ma anche alla formazione continua nel tempo. E così facendo ha aperto – dicendolo anche esplicitamente - alla possibilità che, al fianco della politica monetaria, anche una politica di bilancio potrebbe ora dare slancio alla fiacca economia europea. Per l’asfittico mondo dei banchieri centrali è quasi una rivoluzione copernicana. Lo è anche per Draghi se si pensa che è anche sua la firma sulla lettera recapitata al governo italiano due anni fa, che portò alle dure manovre di Monti.

     Per Renzi l’intervento di Draghi e’ stato un assist. Per Padoan, a cui spetta il compito concreto di convincere gli altri ministri dell’economia, è il momento di attuare la propria strategia all’appuntamento del 12 settembre, l’Ecofin informale di Milano al quale partecipano anche i governatori delle banche centrale degli altri Paesi. Quale? Eccola.

     Primo passo fissare gli obiettivi. Su ‘’crescita sostenibile’’ e ‘’occupazione’’ nessuno può dissentire. Poi – e il passaggio è meno scontato – definire gli strumenti per raggiungere gli obiettivi. E' lo snodo delle ''riforme'' su cui è richiesto l'impegno di tutti i Paesi.  Ma queste –c ome dice Draghi – talvolta hanno un costo.   E' qui che si arriva allo snodo dei conti pubblici. L'obiettivo finale del percorso e' quello di identificare con precisione, nero su bianco, i margini di flessibilità possibili all'interno delle regole date per centrare gli obiettivi prefissati.

      Tanti arzigogoli per dire che, una volta seguito il percorso logico, bisognerà tornare a discutere se vale la pena scorporare dai conti – ma questa volta in modo concreto - i fondi che servono per i progetti co-finanziati dall'Ue, oppure se scegliere di defalcare quelli per le infrastrutture, o ancora quelli per la formazione. E' questa la flessibilità possibile di cui si parla nei documenti europei. Non c’e’, al momento, altra chiave di lettura.

     Per l'Italia sarebbe già una vittoria.

     Ma certo - ora che la Germania ha registrato un brusco calo del Pil (sarà il Paese europeo a risentire maggiormente dei contraccolpi dell’embargo alla Russia) e che la Francia si dibatte tra crisi economica e politica - Renzi potrebbe pensare anche di tentare l’affondo. Chiedere la maggiore agibilità che deriverebbe dal rinvio di un anno del pareggio di bilancio, visto che ora - con un semestre in recessione – l’Italia  cammina sul filo di lana delle regole europee. Ma su questo punto la partita è appena cominciata. Difficile dire come finirà.


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