La Manovra e l'eredità da 42,7 mld di tasse da sminare. Calo Irpef nel 2018?


    Una decisa spinta alla crescita nel 2017, con misure di sicuro appeal, che però rischiano di diventare una vera e propria bomba sui conti del 2018 e nel 2019. La manovra che entra ora nel vivo dell’Iter parlamentare contiene molte misure finalizzate a far ripartire l’Italia. Ma lo fa utilizzando ‘’trucchetti’’  che rischiano di pesare molto sul futuro del Paese.

    L’ubriacatura degli emendamenti, con le molte misure che impattano sulla vita reale di tutti i giorni, rischia così di nascondere le grandi linee e alla strada sempre più in salita che viene lasciata in eredità per la prossima manovra, quella sul 2018.

      In sintesi i temi sono questi. 1) Gran parte delle misure sono finanziate in deficit: in parole povere si pagano con un aumento dell’indebitamento dello Stato. Più deficit oggi significa maggiori spese che si scaricano sul futuro. 2) Molti impegni presi - a cominciare da quelli sulle pensioni  - sono permanenti, ma le coperture sono fatte con entrate una-tantum. Insomma: si incassa una volta ma si paga per sempre 3) Per coprire gli impegni futuri, così, il governo lascia in eredita al 2018 e al 2019 la bellezza di 42,7 miliardi di aumenti di tasse da sminare: sono le clausole di salvaguardia, in particolare aumenti Iva, che arriverebbero fino ad un quarto del valore del bene acquistato, che dovranno essere disattivate altrimenti rischiano di far inchiodare il Paese.
    Riflessione: con una strada così ripida la promessa di una riduzione dell'Irpef, cioè della tassa principe sui redditi degli italiani, appare davvero molto, molto, molto ambiziosa.

Tabella dalla relazione in parlamento della Banca d'Italia sulla legge di Bilancio 2017
    
  I rischi ci sono e sono evidenti, tanto che a dar loro voce sono stati l'Ufficio Parlamentare di Bilancio, la Corte dei Conti, l'Istat, la Banca d'Italia.

  1. IL DEFICIT PER PAGARE GLI IMPEGNI: “La manovra di finanzia pubblica ammonta a circa 26,7 miliardi nel 2017’’ e “il prossimo anno si ricorre a margini tra indebitamento tendenziale e programmatico per circa 12 miliardi’’. Sono questi i dati forniti dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan in parlamento (eccolo). Di fatto significa che oltre il 40% delle misure previste dalla manovra viene finanziata lasciando correre il deficit pubblico. Chiaro che anche se l’Ue concederà la flessibilità richiesta - e la concederà, magari con uno scapaccione, perché il tira e molla di questi giorni è solo un gioco delle parti - in futuro l’elastico che si è allentato dovrà essere ristretto. Insomma si pagherà in futuro. E se l’economia non sarà ripartita come si spera il conto potrebbe essere salato.
  2. IMPEGNI PERMANENTI, ENTRATE UNA TANTUM: Calcola la Banca d’Italia: "Le misure con effetti temporanei rappresentano circa i due terzi del maggior gettito atteso nel 2017 e circa un terzo nel 2018” (ecco l'intera relazione dell'Istituto guidato da Ignazio Visco). L’Ufficio Parlamentare di Bilancio, cioè la nuova authority indipendente sui conti pubblici italiani, calcola che ci saranno in totale 3.340 milioni di incassi e spese che valgono per un solo anno. Si va dalla volontari disclosure (1,6 miliardi), ai diritti d’uso per le frequenze (circa 2 miliardi) ma anche a spese ‘annuali’, come quelle per il sisma Umbria Marche (130 milioni) o per il bonus infrastrutture (400 milioni). (ecco la relazione Upb, durissima)  E proprio per ‘coprire’ questo squilibrio che il governo non ha disattivato le clausole di salvaguardia del 2018 e anzi, le ha aumentate per il 2019. Nel dilemma tra l’uovo oggi e la gallina domani ha scelto l’uovo per oggi.
  3. LE TASSE CHE VERRANNO: Quest’anno gran parte dello sforzo finanziario della manovra (e anche il ricorso al deficit) è servito principalmente per evitare che scattasse l’aumento dell’Iva che su 26,7 miliardi di intervento vale 15,4 miliardi. Un’enormità. Ma questo non basta. Per il futuro la strada sarà ancora più in salita. Il prossimo anno ci saranno da disattivare 19,5 miliardi dovuti all’aumento dell’Iva dal 10 al 13 per cento e dal 22 al 25 per cento (e c’è anche un balzello sulle accise della benzina). Nel 2009 il conto diventa ancora più salato: gli aumenti Iva previsti salgono a 23,250 miliardi. Questo perché si aggiunge anche un aumento dell’Iva dal 25 al 25,9% che vale da solo 3,7 miliardi. Per dirla con parole semplici: chi dovrà mettere a punto la prossima manovra parte già con un fardello da azzerare che vale 42,7 miliardi in due anni, una cifra da far tremare i polsi.


      Insomma la manovra guarda al presente mettendo in gioco il futuro. I conti, il prossimo anno, si dovranno fare partendo dalla necessità di fermare gli aumenti Iva (e c'è da giurare che come è accaduto in passato qualcosa aumenterà), coprire le misure una tantum e recuperare il deficit bruciato. Lo spazio di manovra sul 2018, quando dovrebbe arrivare il promesso calo dell'Irpef (e ogni punto di aliquota ridotta vale 3 miliardi, non noccioline), sarà strettissimo.

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