Meno Irpef sulle donne per rilanciare lavoro e crescita. Nell'Italia delle casalinghe




     Meno Irpef sulle donne per rilanciare l'economia.

    Talvolta le soluzioni consentono di superare la retorica dell'8 marzo, hanno la semplicità dell'uovo di Colombo, ma anche le solide basi teoriche di due economisti di peso. A lanciare l'idea furono infatti qualche anno fa Alberto Alesina di Harvard e Andreaa Ichino dell'Istituto Universitario europeo di Firenze. Ora che si ragiona di ridurre il cuneo fiscale attraverso la leva dell'Irpef o dell'Irap, la proposta potrebbe tornare utile e potrebbe anzi essere migliorata visto che sul piatto il governo vorrebbe porre 10 miliardi per alleggerire il peso delle tasse.
 
       I benefici sono chiari, per le famiglie, le  imprese, il fisco e l'economia.

      Tagliare l'Irpef sulle donne consentirebbe di avere un impatto favorevole sull'occupazione femminile, la più in difficiltà. Vogliamo ricordare il tasso della disoccupazione, che vede le giovani donne del Sud le più penalizzate dei penalizzati? (http://www.istat.it/it/files/2014/02/Occupati-e-disoccupati_28_febbraio_2014.pdf?title=Occupati+e+disoccupati+%28mensili%29+-+28%2Ffeb%2F2014+-+Testo+integrale.pdf)

       Forse basta pensare che a quarant'anni dalla rivoluzione del  diritto di famiglie l'Italia è ancora il paese delle casalinghe, con un esercito di 7,5 milioni di donne che ancora oggi si dedicano ''solo'' alla cura domestica (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2014/03/07/Italia-ancora-Paese-casalinghe-sono-7-5-milioni_10198042.html)
   
    C'è poi l'impatto sull'economia. Ma, proprio nel momento in cui tutti si arrovellano sulla parola crescita a fare i conti è stato il Fondo Monetario Internazionale. Secondo il Fmi ridurre il gap uomo-donna sul lavoro consentirebbe di far crescere il Pil americano del 5%, quello giapponese del 9%, quello degli emirati arabi del 12%.

     Ma torniamo alla proposta, anche per uscire fuori dalla retorica della festa di un solo giorno nella quale rischia di cadere l'8 marzo, tra statistiche e mimose.

     L'idea originale di Alesina e Ichino prevedeva la riduzione  di tre punti dell'Irpef sulle donne e un aumento, di piccola entità, dell'Irpef sui guadagni maschili. 
L'intento era quello di non avere minori entrate, ma ora il governo potrebbe pensare di attuare solo la prima parte del progetto.

      Già nella proposta iniziale venivano indicati alcuni effetti positivi. Il primo e' che il fisco, per la maggiore occupazione, vedrebbe lievitare gli incassi. Il secondo riguarda l'assunzione delle donne che sarebbe meno penalizzata (mentre ora lo è perchè i datori di lavoro temono le assenze legate alla maternità). Si darebbe in questo modo anche un aiuto al problema delle madri single che oggi sono le più esposte al rischio povertà (basta guardare le tabelle istat a proposito).

     La maggiore occupazione delle donne, con un prelievo piu' basso, farebbe inoltre diminuire il costo medio del lavoro, un beneficio per le imprese. C'è poi un effetto positivo anche in famiglia: aumentando di poco le tasse al marito e riducendole di molto alla moglie si può diminuire l'aliquota media e quindi accrescere il reddito netto familiare. In pratica - senza dover ricorrere all'ipotesi di quoziente familiare di cui si è discusso molto negli ultimi anni - il fisco sarebbe meno pesante e ci sarebbero piu' soldi a disposizione: cosi'  a conti fatti ci sarebbe un tornaconto anche per i mariti

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