La 'guerra' tra candidato ed elettore. Turarsi il naso? Meglio votare tappandosi le orecchie
(immagine presa da internet)
Montanelli confessò di aver votato turandosi il naso. I tempi cambiano. Ora bisogna farlo tappandosi le orecchie. E’ in pieno
svolgimento la ‘’guerra’’ tra candidato ed elettore. Tv e mercatini rionali,
social network e cartelloni stradali sono il campo di battaglia delle ultime giornate
di campagna elettorale.
Certo, c’e’ lo
zoccolo duro degli elettori fedeli. Ma in un Paese con così tanti indecisi i
voti ‘strategici’, quelli che fanno la differenza, si conquistano alla fine. Il mantra del candidato – lo sanno tutti
quelli che per una ragione o per l’altra si sono messi in gioco qualche volta –
e’ quello di non lasciare nulla di intentato. L’impegno magari è partito in
sordina, ma ora i motori rullano al massimo. L’obiettivo e’ quello di
‘raggiungere’ ogni elettore per mandare il proprio messaggio. Per coinvolgerlo. Magari promettendo qualcosina in più di quel che si può realizzare.
Nasce così la
bulimia di presenza dei leader di partito sulle televisioni. Bisogna coprire le
varie fasce orarie. Avanzare proposte a chi pensa che la mattina ha l’oro in
bocca, ma anche spiegare la propria posizione a chi ama le ore piccole. Poi,
non si può lasciare l’elettore che protesta orfano di un’offerta politica, ma
nemmeno il moderato dai capelli bianchi che, un po’ per tradizione un po’ per
mancanza d’offerta, si sintonizza sempre sullo stesso programma televisivo
serale. Un po’ come il lupo di Cappuccetto Rosso, chi ulula davanti ad una
piazza arrabbiata mette la cuffia della nonnina nelle trasmissioni della
domenica pomeriggio.
Il ‘’contatto’’
in tv vale molto, ma ancora di più ha impatto quello diretto. Ecco allora il
candidato scendere tra i mercati rionali, partecipare a tre cene elettorali in
una sera, aprire un ufficio dove ascoltare esigenze e promettere “interessamenti”
(quando va bene).
La lettera a casa
non si usa più. Costa e intasa le cassette della posta.
I manifesti che tappezzano le città, invece,
servono a dare un volto ai nomi dei candidati.
Ma il contatto diretto richiede una forte
presenza sui social network. E’ su questo terreno che il candidato moderno da
il proprio meglio. Twitter è disincantato, professional ma per chi non sa
usarlo può diventare un boomerang. Facebook, grazie alle foto, è più coinvolgente.
Ci sono poi i blog.
Insomma per il candidato
gli ultimi giorni sono un tour de force.
Il rischio di
lasciarci le penne – per i troppi integratori energetici – è serio. Ma anche quello che
tanta grancassa possa stroncare il povero elettore con una ipertrofia
informativa. I messaggi sono tanto ricchi di contenuti e promesse da diventare bla bla vuoti e
fugaci. Con un tragico effetto boomerang. Il cittadino, non più in grado di
selezionare il ‘’messaggio chiave’’, si allonta dalle urne. E alle dolci
profferte del candidato - “ti voglio coinvolgere, voglio risolvere i tuoi
problemi” – possa rispondere: ‘’io invece voglio scappare’’.
Ps. Niente disfattismo. Ma credo che il
coinvolgimento nella politica debba sollecitare energie non solo durante le
campagne elettorali e far sentire la presenza anche durante la vita di tutti i
giorni. E che sia un errore vivere come un referendum sulla politica interna le
elezioni europee. Quanto sia importante l’Europa l’abbiamo imparato sulla
nostra pelle negli ultimi anni. Ce lo siamo dimenticato. E per questo bisogna
votare, con convinzione senza turarsi il naso, ma tappandosi le orecchie in questi ultimi giorni di contesa elettorale.
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