Lavoro: luci e ombre del modello tedesco. La disoccupazione cala, ma anche lo stipendio

     (di Corrado Chiominto - @CChiominto - per DentroLeCose)
    Un sussidio di disoccupazione universale, che si riduce progressivamente per chi non accetta nuove offerte di impiego. Lavori che possono essere anche a bassissimo costo, minijob – che hanno dato adito ad abusi da un euro l’ora – o midijob, che arrivano a 400 euro massimi, non versano tributi e non danno nemmeno diritto alla pensione.
    
     Ha luci ed ombre il mercato del lavoro tedesco realizzato con riforme tra il 2003 e il 2005, durante il governo rosso-verde di Schroeder. Per il governo italiano e' un ''punto di riferimento''. Il premier Renzi lo aveva detto anche lo scorso marzo (e DentroLeCose aveva fatto un approfondimento). Ma se quella del rilancio dell'occupazione è sicuramente la sfida più importante per l'Italia, Renzi non deve ignorare che, secondo alcuni osservatori, la riforma del lavoro a cui ora a riferimento è stata una delle ragioni della successiva sconfitta elettorale del socialdemocratico  Schroeder, che ha aperto la strada al ‘’regno’’ Merkel.
  
     Gli effetti delle modifiche introdotte oramai da un decennio sono duplici. A distanza di un decennio ha contribuito a ridurre i disoccupati di oltre due milioni, con un tasso di disoccupazione di circa il 5%, sui minimi record nel mezzo della peggior crisi dell'Eurozona.

     Ma ha tagliato in modo deciso il livello dei salari, aumentando per questa via la competitività delle merci sui mercati internazionali, spingendo le exportazioni. A pagare il prezzo sono però i lavoratori. Secondo i dati Eurostat la Germania è il Paese occidentale con la percentuale maggiore di lavoratori a basso salario (22,2%), rispetto alle medie di Paesi come Francia (6,1%) o quelli scandinavi (tra il 2,5% e il 7,7.

    Del resto, se da noi il paladino della riduzione del salari e' stato Marchionne, con le sue newco, in Germania la riforma porta la firma di Peter Hartz, ex consigliere di amministrazione di Volkswagen.

     Difficile sintetizzare il piano tedesco, realizzato in quattro step. All'inizio sono state semplificate le procedure per l’assunzione, sono arrivati i buoni per la formazione e i nuovi centri per l’impiego (job center). Quindi sono stati delineati i nuovi contratti di lavoro, minijob e midijob. Quindi e' stata rioganizzata l’agenzia federale per l’impiego. Da ultimo e' stato varato il pacchetto Hartz IV con un sistema di assistenza unico.

      Il costo del nuovo welfare tedesco non e’ influente, qualcuno ha stimato sia stato pari a 27 miliardi di euro l’anno. La stessa critica che si muove al progetto di tutela universale previsto dal Jobs Act di Renzi. Ma ecco come funziona dalla Merkel. Chi perde il lavoro percepisce un sussidio di disoccupazione, per un periodo di tempo massimo di 12 mesi, pari a circa il 60% dell'ultimo stipendio netto ricevuto.
   
    Dopo un anno senza lavoro scatta Hartz IV.  Il welfare tedesco prevede per un single un importo pari a 374 euro mensili a cui vanno aggiunti circa 300 euro per l'affitto (questo importo varia nei diversi Länder); una famiglia invece percepisce un contributo di 337 euro per ogni adulto, 219 euro per ogni bambino e 550 euro per l'affitto. Ma gli importi vengono progressivamente decurtati se non si accettano le proposte di lavoro che arrivano dai centri per l’impiego.
     Solo che talvolta l’offerta è rappresentata dai contratti precari che, sì hanno levato la manodopera non qualificata dal ricatto del lavoro nero e dalla disoccupazione, ma hanno anche ridotto notevolmente la paga media di un lavoratore tedesco. Tanto che ora si pensa di introdurre un salario minimo, così come Obama negli Usa.

     E' una ricetta buona anche per l'Italia? Certo il jobs act di Renzi, dai centri per l'impiego al sussidio universale di disoccupazione, va in quel senso. È difficile però dire adesso se ci sarà il contesto adatto e le risorse necessarie. 

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