Marchionne-Renzi, c'eravamo tanto odiati. L'irresistibile fascino del potere





      (di Corrado Chiominto)

     Al cuor non si comanda. Così la visita del premier italiano Matteo Renzi all'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne nello stabilimento Chrysler di Detroit va al di là dei convenevoli tra 'padrone di casa' e 'ospite d'onore'. Ma, come tra marito e moglie, non sempre tutto è filato liscio. Nel passato l'allora candidato alla primarie del Pd invitò Marchionne a non dare i consigli sul fisco, visto che versa le tasse in Svizzera (argomento ripreso recentemente da Della Valle).  Come non ricordare, poi, il numero uno Fiat che defini l'attuale premier il ''sindaco di una città piccola e povera'', ricevendo in cambio una vera e propria stoccata: ''noi abbiamo fatto il rinascimento, lui la Duna''.

    Ora il clima e' davvero cambiato.  ''Appoggio Renzi'', dice l'amministratore delegato della società automobilistica che attraversa i fusi orari di più continenti. E aggiunge ''Cosa abbiamo in comune? E' che non ha paura''. Ma non basta. Quando lo presenta agli operai statunitensi Marchionne non usa mezze misure: ''Dopo mezzo secolo d'immobilismo, vedo finalmente un vento diverso. Per questo saluto con grande ottimismo la carica di energia che il premier Renzi ha portato in Italia. Io, a nome personale, del presidente Elkann e di tutta Fca, non posso che assicurargli il nostro pieno appoggio''. Un cinguettio al quale il Matteo nazionale risponde sperando che il destino dell'Italia, sotto la sua guida, sia lo stesso di Fiat Chrysler, sotto quella dell'amico Sergio, che le ha prese 'decotte' e le ha risanate.

    Ma la storia, si sa, talvolta si ripete. Comincia, infatti, con una sorta di idillio di Renzi per il Marchionne che, rotte le convenzioni e i ponti con Confindustria, viaggia sulla creazione di newco che puntano a minimizzare la presenza Fiom (e quanche questo, pensando a Renzi, la dice lunga su come giudizie e convenienze girino veloci).  La ricostruzione dei rapporti la fa la collega Maria Gabriella Giannice per l'Ansa.  "Io sto dalla parte di Marchionne senza se e senza ma", dice alla Fine del 2010 il giovane sindaco di Firenze, ancora lontano dalle primarie del Pd ma vicino alla cena ad Arcore con Berlusconi. Diventerà uno dei temi del confronto con Bersani, che porterà alla sconfintta di Renzi da parte del popolo della sinistra.

     Nell'agosto 2011 il sindaco rottamatore cambia direzione: punta il dito sulla residenza di Marchionne fissata in Svizzera con utili effetti fiscali. "Marchionne non può tutte le volte farci la morale, spiegarci come migliorare il sistema fiscale Italiano e poi tenere la residenza in Svizzera". L' anno successivo la critica e' ancora piu' dura. "Sono deluso da Marchionne - dice agli operai dell'Irisbus di Avellino - E' stato lui a cambiare linea perché non ha più i 20 miliardi da investire su Fabbrica Italia". Il 10 ottobre rincara la dose: "Marchionne non solo ha cambiato idea , ma ha tradito. Qualsiasi risultato abbia ottenuto e otterrà, avrà questa macchia di aver preso in giro lavoratori e politici. Non ho mai immaginato Marchionne come modello di sviluppo per l'economia".

     Marchionne non se la manda a dire. Risponde per le rime, offendendo anche Firenze.  "Renzi pensa di essere come Obama ma ha ancora molta strada da fare" e per di più è solo "il sindaco di una città piccola e povera". L'attacco a Firenze è uno scivolone per Marchionne che Renzi coglie in pieno difendendo una delle città italiane più amate al mondo. "Vorrei dire all'ingegner Marchionne che è liberissimo di pensare che io non sia un politico capace. Ma prima di parlare di Firenze, città che ha dato al mondo genio e passione, faccia la cortesia di sciacquarsi la bocca, come diciamo in riva d'Arno".

     L'ad Fiat non e' tipo da piegarsi facilmente. Controreplica e rincara la dose. ''Le mie valutazioni su Matteo Renzi restano invariate e sono personali e non attribuibili alla Fiat. Penso infatti che per la sua eta' e per l'esperienza limitata sia, almeno per il momento, non adeguato ad assumere una posizione di leader in un contesto economico e sociale complesso come e' oggi quello italiano''. NON ADEGUATO? Per fortuna che ha aggiunto ''per il momento''. Renzi, con la lingua più veloce del west, risponde subito. Lo fulmina così: "Noi abbiamo fatto il Rinascimento, lui la Duna".

     La pace arriva nel giugno scorso. I due si danno la mano all'Assemblea di Confindustria che si tiene a Firenze. Marchionne chiarisce con la stampa che le sue parole su Firenze sono state riportate male: "una bischerata". Poi il sindaco vincerà le primarie Pd e diventerà Presidente del Consiglio. Il feeling tra i due e' un crescendo. "Le misure del governo vanno nella giusta direzione, pieno sostegno a Renzi" è l'apertura a marzo di quest'anno. "Renzi deve andare avanti. Mi piace molto" (giugno). "Spero che Renzi non si faccia intimorire e tenga duro. (luglio). E da ultimo Matteo Renzi ''parla del futuro per la prima volta''. Magari nell'idillio di Detroit pesa anche l'esigenza di dimostrare per Fiat la distanza dall'ultimo editoriale di De Bortoli sul Corsera, giornale dl quale è azionista, ma i toni sono davvero zuccherosi.

    E' vero. Solo le persone poco intelligenti non cambiano opinione. Ma col tempo ho imparato a dubitare di chi, invece, adegua i propri giudizi alle convenienze del momento. Se poi dietro c'e' una questione di potere, beh, allora divento proprio diffidente.

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