Il Buddismo e l'affare delle donazioni. Appunti di viaggio dallaThailandia


    (di Corrado Chiominto)

    Bangkok - Non è solo la ricchezza dei templi che lascia senza parole in Thailandia. A incuriosire forse anche di più è la complessa macchina che raccoglie offerte negli oltre 35.000 templi buddisti e 5.000 monasteri, dando sussistenza a oltre 300.000 monaci. Una 'aiuto' che,  ha calcolato recentemente il Bangkok Post, vale 100-120 milioni di bath l'anno, in pratica 30 milioni si euro in un Paese dove il costo della vita è però incomparabile con gli standard europei. Sulle prime pagine dei giornali, impegnati in una vicenda di corruzione che ha coinvolto alcuni generali,  sono così finiti i casi di alcuni abati scoperti a guidare auto di lusso,investire in borsa e rompere i precetti del celibato.

      Sarà per questo, o forse perché una religione così vissuta come il Buddismo in un paese retto da un premier autodesignatosi dopo un colpo di stato è certo un potere da tenere a bada, ma il governo sta meditando di cambiare la Shanga Act del 1941 che garantisce, oltre a un trattamento esentasse per le donazioni, anche un'auto gestione disciplinare per i monaci che non si sono comportati secondo la legge.

        Ma - anche se ho visto un gran massa di fedeli pregare e meditare con grande impegno - non c' è bisogno per leggere i giornali per capire che quello delle donazioni è un affare. Di certo a visitare i templi buddisti sorprende la molteplicità di forme attraverso le quali si raccolgono risorse.
Ci sono appositi box (che in alcuni casi sono stati blindati) sotto ciascuna delle molte statue di un tempio e anche apposite composizioni floreali nelle quali lasciare monete impigliate, come in alcune processioni del Sud Italia.
 Altre banconote, finalizzate alla realizzazione di desideri, si affiggono come
bandierine su una piccola palma. Se si vuole si possono comprare sfoglie di oro, dai 100 bath in su, da applicare sul rivestimento di alcune statue minori. C'è inoltre la possibilità di acquistare dei lunghi teli per ricoprire i Buddha, che vengono rivestiti ogni settimana.

          Incuriosiscono, poi, appositi pacchi di generi alimentari (e non solo) da acquistare per i monaci; sono in appositi secchielli rossi e contengono un po' di tutto (in uno ho visto anche una pila elettrica) e vengono posti sotto appositi altari. In alcuni centri si vendono anche grandi pacchi di riso, da almeno una decina di kg.

     Un capitolo a parte è quello dei fiori, che danno vita ad un fiorentissimo commercio intorno ai diversi templi. Il modo più semplice di portarli in offerta e quello che prevede una lavorazione sui petali del fiore di loto per renderlo più attraente. Ci sono poi collane fatte con vari fiori e composizioni più complesse. In alcuni templi, poi, gli stranieri pagano il biglietto d'ingresso. In altri accettano offerte per suonare una enorme campana posta all'ingresso.

      Ovviamente si fa un'offerta per parlare ed avere consiglio da uno dei monaci presenti, ma a Chang Mai, dopo aver fatto 300 gradini tra giovani studenti che chiedono offerte e bambini che si fanno fotografare solo in cambio di monete, ho visto fare la fila per avere un braccialetto da un monaco. Ovviamente in cambio dell'immancabile offerta.

      La filosofia buddista che è dietro tutto questo me la spiega una guida italiana: più dai e più ricevi, dice. La rappresentazione migliore nel tempio di Wat Pho a Bangkok, dove il silenzio che avvolge i 43 metri del Buddha Sdraiato è rotto solo dal rumore delle monetine che si versano nelle 108 ciotole che accompagnano il visitatore all'uscita: rappresentano le 108 caratteristiche positive di Buddha e bisogna munirsi di monetine da far cadere nei singoli vasetti.

    Fuori al tempio, infine, un po' come in Italia fuori dalle basiliche, è la festa dei venditori. Non solo ci sono gli immancabili carretti con cibo cotto e frutta e le bancarelle con magliette e cappelli. Ma anche - ad esempio - si può acquistare cibo per pesci. È quel che accade ad un tempio vicino al nord di Bangkok dove nel vicino fiume se la spassano enormi pesci gatto. Anche in questo caso c'è una spiegazione religiosa. In alcune aree del Paese - spiega la guida - i pesci sono alla base della catena alimentare che porta all'uomo.Ecco perché fuori alcuni luoghi religiosi si vendono buste con pesci, ma anche con anguille e tartarughe, da gettare nei corsi d'acqua. Al loro sostentamento - mi assicurato - contribuiscono anche i monaci con quel che avanza dai pacchi alimentari.

     Non deve però essere accaduto a Phira Phromsuhi, abbade di Wat Sa Ket a Bangkok, che dall'alto dei suoi 1000 milioni di bath di proprietà aveva avviato un'attività di prestiti per altri sacerdoti. Scoperto a guidare una delle sue lussuose auto, si è difeso: sono state donate e le uso solo per attività collegate al tempio, non per uso personale. Non è bastato per evitargli la sospensione dal Sangha Supreme Council dove siedono i 12 più anziani monaci del Paese.

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