Jobs Act pubblicato in Gazzetta. Subito in vigore




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Ma è corsa contro il tempo per attuazione. Da ok Camere sono passati 12 giorni.
Sicuramente ero stato troppo malizioso... Ma qualcuno dovrebbe spiegare perché una legge, approvata il 25 novembre dalla Camera e poi, senza modifiche, il 3 dicembre con voto di Fiducia al Senato, debba attendere tanto per essere pubblicata. Quale confronto c'è stato dietro le quinte?

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Ecco cosa diceva il blog il giorno prima della pubblicazione...


     Il Jobs act si è nuovamente inceppato. E non perché i sindacati hanno portato in piazza 1,5 milioni di manifestanti. Nemmeno perché la sinistra Pd è ancora al lavoro per cercare di lavorare sull'entità degli indennizzi per i licenziamenti illegittimi del rivoluzionato art.18.

       Il disegno di legge delega di riforma del mercato del lavoro, anche se approvato definitivamente dal Parlamento più di 10 giorni fa, non è ancora legge. Il provvedimento non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

      "Approvato definitivamente, non ancora pubblicato - 3 dicembre", sintetizza il sito del Senato. Il testo infatti è ancora all'esame del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Che, come è noto, deve firmare la legge per promulgarla, effettuando un primo esame di costituzionalità delle norme. Se riscontra problemi può rinviare il testo alle Camere, per chiedere correzioni.

      È impensabile anche solo ipotizzare questa possibilità. Napolitano è il garante della governabilità italiana, la prima garanzia dell'impegno italiano davanti alle fibrillazioni internazionali. Ma i giorni passati, uniti all'importanza che si attribuisce alle norme e all'urgenza che il governo ha imposto al provvedimento, fanno pensare che qualche problema possa esserci. Magari formale, di scrittura del testo.

     L'allungamento dei tempi di promulgazione sono in contrasto con la fretta imposta fino ad oggi a queste norme. Non si può dimenticare l'accelerazione data da Renzi al provvedimento, prima stringendo i tempi alla Camera poi ponendo la fiducia al Senato, con una procedura sul filo della costituzionalità visto che il governo ha pilotato il voto su una delega che gli darà ampia autonomia applicativa, visto che la normativa quadro e davvero poco definita. La pausa prima della pubblicazione in Gazzetta è in contraddizione anche con l'importanza che la Bce e la Commissione europea hanno dato alla riforma del Lavoro. È una delle ragioni che hanno pesato al momento di dare all'Italia maggiore flessibilità sui conti pubblici.

    Ma ora, vista l'impasse, appare ancora improbabile che già ad inizio gennaio possa essere operativo il nuovo contratto a tutele crescenti, al quale il governo attribuisce il potere di far ripartire l'occupazione.

      A dirlo è il calendario.

     Oltre ai giorni di vacatio legis (che parte dalla pubblicazione) c'è il nodo dell'attuazione per i decreti. Le ultime indiscrezioni dicono che ancora si sta trattando all'interno del Pd sull'entità dell'indennizzo (ora ipotizzato a due mesi per ogni anno di lavoro) e sui casi che, per licenziamenti disciplinari, prevederanno il reintegro.

      Ma non basta. Il governo dovrebbe incontrare i sindacati venerdì 19 dicembre. Solo  dopo arriveranno i decreti attuativi. Poi c'è il parere delle commissioni parlamentari che richiede almeno due settimane (senza contare le ferie natalizie). Difficile che si chiuda prima di febbraio, quindi dopo la scadenza di gennaio che la commissione europea ha dato all'Italia per dimostrare che sta facendo sul serio. Con buona pace per il cronoprogramma del governo.

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