La legge di Stabilità e i piranha di una politica incapace

    



    La Politica, ancora una volta, ha mostrato la sua pochezza. L’iter opaco che caratterizza gli ultimi passaggi per l’approvazione della Legge di Stabilità - ed un nuovo testo monstre composto da un articolo con 755 commi (leggilo) - sono emblematici di un Paese che proprio non riesce a riformarsi. Ognuno guarda al proprio piccolo senza avere una visione generale. Ed è proprio la mancanza di un pizzico di etica della Politica a diventare l'ostacolo alla ripresa di un circolo virtuoso che dovrebbe partire dalla crescita, proseguire favorendo una maggiore occupazione e consentire così un reale risanamento dei conti pubblici.

       La manovra era  nata con l’obiettivo di dare una spinta al Paese. Si e’ invece trasformata solo in un ‘’treno veloce’’ sul quale tutti – dai parlamentari al governo – hanno cercato di salire per veder realizzati i propri desiderata.  L'iter parlamentare del ddl è sembrato il guado di un fiume infestato da piranha. Quest’anno più che nel passato. La situazione è stata talmente confusa che l’assalto alla diligenza non lo hanno danno solo i parlamentari ma lo stesso governo, dal quale sono arrivate 80 proposte di modifica quando oramai mancano solo pochi giorni all’arrivo dell’esercizio provvisorio. "Stoppato l'assalto alla diligenza", ha detto il premier Matteo Renzi dopo aver tagliato una ventina di misure. Ma visto il risultato finale si dire che gli assalitori erano embedded nel governo.

        Le ultime decisioni mettono davvero sul filo del rasoio le regole democratiche delle quali un Paese ha necessità. Tra queste quella che le scelte nascano dal confronto politico e nei luoghi istituzionali a questo deputati. Invece, come in una sorta di contrappasso dantesco, che richiederebbe un cantastorie come Roberto Benigni per essere ben raccontato al grande pubblico, l’ingordigia delle richieste ma anche i molti interventi necessari o desiderati, hanno messo in stallo il meccanismo decisionale.

       Affogata dalle richieste che arrivano sia dai parlamentari sia – copiose – dal Governo,  la commissione Bilancio del Senato non è stata in grado di completare l’esame. La conseguenza – lo dico per chi non conosce i meccanismi parlamentari – è che tutte le norme discusse e approvate nelle ultime tre settimane sono state azzerate. Si è perso tempo e l’aula del Senato riparte dal testo uscito dalla Camera.

       L’unico modo per superare un'impasse di questo tipo è la predisposizione di un maxi-emendamento del Governo che raccolga le norme già discusse e votate. Così fino ad oggi è stato, per prassi. Ma il ministro dei rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi ha preannunciato che all’interno del testo sarebbero state messe un 20% di novità. E qui si aggiunge l’incapacità tecnica di realizzare un testo in poche ore (ma basta leggere l’Ansa per scoprire che già da metà novembre Palazzo Chigi aveva ricevuto un centinaio di richieste di modifiche dai diversi ministeri). Alla fine si e' arrivati ad un testo con un solo articolo di 755 commi: non certo un buon viatico per segnare la ripresa. La Legge di Stabilità sembra cosi un gigante contro il quale si infrangono tanti buoni propositi, le tante parole che caratterizzano la politica italiana. Semplificazione, rinnovamento e via dicendo, appunto, rimangono solo parole.

      Il caos è stato totale: il governo ha impiegato due giorni per predisporre un maxi-emendamento che, invece, il Parlamento è stato costretto a votare in poche ore e la stampa avrà poche ore per leggere e spiegare alla pubblica opinione. Il capro espiatorio, ovviamente, sarà rappresentato dagli uomini della Ragioneria dello Stato, troppo attenti alle coperture (che poi sono un obbligo costituzionale. Insomma, un corto-circuito della democrazia. Anche perché, ovviamente,  tutto viene compresso dal voto di fiducia.

    La predisposizione di norme fuori dal confronto parlamentare non è una novità eclatante. E’ accaduto anche nel passato, basta ricordare i maxi emendamenti con migliaia di commi, alcuni nati senza un ‘’padre’’, altri con errori marchiani che poi si è stati costretti a correggere. Ma è evidente che questa era una delle anomalie che la nuova Politica era chiamata a correggere. Invece la situazione appare ancora peggiore.

      Da una parte i parlamentari e il governo sembrano attentissimi alle micro norme da approvare, dall’altra davvero distratti da altri temi. Una chiave di lettura possibile, e forse non peregrina, è che lo filacciamento degli interessi, intorno alla Legge di Stabilità, possa essere legato ad un Parlamento che pensa di andare prestissimo alle urne.

      Già perché non c’e’ solo la stortura dell’iter. La Legge di Stabilità, in base alla legge che regola i meccanismi di predisposizione dei conti pubblici, non avrebbe dovuto contenere micro-misure di carattere localistico e nemmeno norme regolamentari. Ne è invece infarcita. La regola vuole che un emendamento della legge di stabilità per essere ‘ammissibile’ deve modificare ‘’i saldi’’: in pratica prevedere o un aggravio o un risparmio, un incasso o una spesa. Allora perché il governo – e non un parlamentare sobillato da un lobbista -  ha tentato di mettere nella  manovra la norma che proroga di un anno i nuovi controlli sulle armi ‘finte’ utilizzate per realizzare film? Per intercedersi, la modifica è importante: era attesa perché le nuove regole per le armi da scena stanno bloccando un intero settore cinematografico. Rischiano di mandare all’estero le riprese di James Bond o di Suburra. Forse anche di Montalbano. Bene. Ma che centra con la legge di stabilità? La norma è solo regolamentare, non cambia i conti dello Stato. E questo e’ solo uno degli esempi di una politica che, incapace di gestire le scelte, prende scorciatoie.


         Voci parlamentari, che è difficile verificare, parlano poi di un confronto in atto con il Quirinale. Qualcuno avrebbe chiesto al Colle anche se è possibile procedere con una sola fiducia (e il testo sarebbe però composto da un solo articolo con migliaia di norme) . Di certo la richiesta – ma anche solo il fatto che si pensi che questa richiesta sia possibile -  fornisce l’immagine chiara di un potere che dovrebbe autoregolarsi ma non sa farlo. Ma la domanda è d’obbligo: possono il governo e il parlamento che sul tema dei conti pubblici hanno un potere condiviso – perché uno approva le leggi e l’altro ha la gestione concreta del bilancio – rivolgersi al Colle per avere il via libera a forzare i principi costituzionali che vogliono l’uniformità del testo e l’approvazione articolo per articolo. E’ come fermarsi davanti ad un semaforo giallo per chiedere al vigile di passare e di non staccare una multa.

     E’ anche questa la sconfitta di una Politica che non sa dirsi da sola qual’è il suo compito, quali sono i propri doveri.  Per non parlare dell’incapacità di mantenere il contatto con il contesto in cui opera. Non vede che i mercati sono di nuovo in fibrillazione? Dimentica che è proprio sulla Legge di Stabilità che sono puntati gli occhi della Commissione Europea e degli altri Paesi?

      Non è una questione di lana caprina. A marzo la Commissione Europea sarà chiamata giudicare i conti e le riforme fatte.
   
       E, se dovesse giudicarli inadeguati, a pagarle il prezzo sarebbero sempre i soliti.

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