Italia sull’orlo della deflazione. La coda avvelenata della crisi
Il 2013 si
chiude con un crollo dell’inflazione per l’Italia. I prezzi sono cresciuti ‘’solo’’
dell’1,2% rispetto all’anno precedente, che invece segnava una crescita del 3%.
Si torna ai livelli del 2009. Tecnicamente non si puo’ parlare di deflazione,
che significa contrazione del prezzi. Ma l’effetto reale che si vede sul fronte
macro-economico è proprio quello che i libri di economia descrivono come
deflazione
In genere l’inflazione e’ una tassa occulta
che pesa sulle buste paga, erodendole piano piano. Ma il dato pubblicato dall’Istat
disegna invece questo scenario. Le famiglie tirano la cinghia e non ce la fanno
più. I consumi si riducono. Calano le
vendite e quindi i prezzi (calo dell’inflazione). Commercio e imprese
guadagnano di meno e riducono la forza lavoro. E il circolo vizioso ricomincia.
Questo è il percorso che emerge dalla lettura dell’andamento dei prezzi 2013.
Ma,
come sempre accade nelle medie statistiche, così ben descritte dal pollo di
Trilussa, non tutti i prezzi sono uguali. Il ‘’carrello della spesa’’, cioe’ il
paniere dei beni più acquistati dalle famiglie, vede i prezzi lievitare un po’
di più. Questo ha un altro effetto. Aumenta il divario della povertà per alcune
fasce di popolazione. In questo caso le famiglie con figli.
E poiché tutti – da Draghi a Saccomanni, da
Letta a Barroso – ci spiegano che i rischi non sono ancora finiti, basta
leggere il dato dell’inflazione 2013 per capire che, se non si passa a
politiche di rilancio dell’economia e del lavoro, tutti – ma proprio tutti, da
imprese a lavoratori, dal commercio alla finanza - pagheranno duramente la coda
avvelenata della crisi.
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